Dopo Woods, sul green regna il disordine

Un fenomeno sottolineato dal successo di Koepka all'Us Open: tanti possibili vincitori, poca continuità
Dopo Woods, sul green regna il disordine© AP
Marco Evangelisti
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Bisogna capire se il golf stia semplicemente cambiando oppure se non si sia davvero rimesso dalla sbornia tecnica e mediatica dell’era di Tiger Woods. Tutti hanno notato il fenomeno, la Reuters ha avuto il merito di analizzarlo e di cercare una struttura. Brooks Koepka domenica scorsa ha vinto gli Us Open. E’ stato il suo primo successo in un Major. Benissimo, capita. Capita spesso, di questi tempi. Gli ultimi sette tornei di punta sono andati a golfisti che di Major non ne avevano mai vinto uno. In ordine anticronologico, partendo da Koepka abbiamo Sergio Garcia, Jimmy Walker, Henrik Stenson, Dustin Johnson, Danny Willet e Jason Day.

Potreste chiedervi che cosa c’entri Woods, il quale si è imposto nell’Us Open l’ultima volta nel 2008. Ecco, è proprio questo il punto. Tra il 1998 e il 2013 Woods è stato in testa alla classifica mondiale 683 settimane. Rory McIlroy, per fare l’esempio del giocatore più ricco e popolare delle ultime stagioni, 95. Tiger ha chiuso l’anno al primo posto della graduatoria per sei anni consecutivi, poi per altri cinque dopo la pausa di Vijay Singh e un’altra volta ancora nel 2013. Dopo il 2009, e Woods compreso, l’unico a ripetersi (2012 e 2014) è stato McIlroy mentre per Westwood, Donald, Spieth e Day nulla più di una toccata e fuga.

Woods era Woods, ovviamente: 46 partecipazioni a Major e 14 successi, il 30,4% laddove la normalità per i top player, come annota ancora la Reuters, è del 10%. Dopo Woods non è che ci sia stato il diluvio, il golf mondiale ha continuato a fiorire, però dove prima c’era un giardino ordinato adesso l’erba cresce con un certo disordine e da ogni zolla può spuntare una faccia nuova. Per poi, magari, tornare nell’ombra.


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