Pozzecco dice tutto: "L'esonero, Belinelli, l'Italia. E l'amore per mia figlia"

Intervista al ct azzurro, che alla vigilia della sfida contro la Turchia parla della sua Nazionale e dell'esperienza con i francesi dell'Asvel
Andrea Barocci
6 min

«L’esperienza a Villeurbanne mi ha cambiato molto: mi sono convinto ancora di più delle poche ma chiare idee che ho della pallacanestro. Sono più consapevole della direzione in cui voglio andare come allenatore: per gestire una squadra credo sia indispensabile avere dei giocatori che abbiamo certe caratteristiche, e che posseggano una determinata etica dello sport. Sono io che scelgo il mio percorso, è indispensabile per come voglio vivere il basket, nella consapevolezza di aver fatto ciò che ritenevi giusto. Su certi argomenti non voglio scendere a compromessi»Non deve essere facile per Gianmarco Pozzecco confessare quanto gli abbia fatto male l’esonero all’Asvel. Il ct azzurro ci aveva creduto in quell’ avventura di Eurolega. Alla guida della Nazionale, che domani affronterà la Turchia, è tornato segnato, ma non vinto. «A Pesaro mi sono approcciato ai miei giocatori totalmente condizionato da quello che mi è successo in Francia. Inutile nasconderlo: la sofferenza è stata notevole, se non inaudita. Io ho delle responsabilità oggettive, certo. Eppure mi comporto sempre nello stesso modo: non mi faccio condizionare. Sono nato su un campo da basket: con qualsiasi tipo di compagni di squadra non ho mai pensato di dare la colpa a qualcuno se la situazione non era quella sperata. In ogni caso le esperienze, sia positive che negative, aiutano a crescere».

Pozzecco, come è stato tornare nell’ambiente azzurro?
«Bellissimo. Abbiamo costruito qualcosa di tangibile. Stiamo bene insieme: non è una sensazione, è un dato di fatto».

Un anno fa è nata sua figlia Gala. Come riesce a sopportare certi giorni la distanza dalla famiglia?
«Io e mia moglie viviamo a Monza, quando sono fuori per lavoro lei torna in Spagna, è di Valencia, per farsi aiutare. È il mio lavoro, devo rinunciare a certe cose. Scherzando dico che sostituisco mia figlia con i miei figli in azzurro, i giocatori. Ma Gala mi manca: ogni videochiamata è un supplizio».

Lavorate per la qualificazione agli Europei e soprattutto per quella Olimpica. Impegni e difficoltà diverse, non crede?
«Nel primo discorso che ho fatto alla squadra ho detto che questo per noi è l’inizio del preolimpico e poi, speriamo, delle olimpiadi stesse. Non possiamo però non renderci conto che le prossime gare varranno la qualificazioni agli Europei: è un po’ complesso... Mi fido e mi affido al senso di responsabilità dei ragazzi. So che saranno estremamente concentrati già contro la Turchia. Il nucleo è più o meno lo stesso dei Mondiali, ed è importante. Riconosco che questo porterà a scelte dolorose. Il gruppo che abbiamo creato in un periodo così ristretto aiuta ad essere performanti in tempi brevi. Forse così tolgo la possibilità di essere in Nazionale ad altri giocatori che se lo meritano, e questo mi dispiace. Diciamo che abbiamo la necessità di costruire una squadra, più che una Nazionale: è un concetto prevalente rispetto alla mera convocazione dei dodici migliori».

Perché ha richiamato il pivot Tessitori dopo averlo escluso la scorsa estate dai Mondiali?
«La scorsa estate gli avevo detto: “Tex, tu fai parte di questa famiglia. In questa avventura non ci sarai, però resti uno di noi”. Ora sta giocando bene a Venezia e l’ho richiamato. Ci sono sedici-diciotto giocatori nel nostro nucleo, poi farò delle scelte».

Mannion, Bortolani e Flaccadori stanno brillando: una buona notizia per il reparto guardie, vero?
«Il campionato è il nostro bacino di utenza, dà la possibilità a tutti di dimostrare di essere migliorati e di entrare in questa famiglia: penso a Rossato, a Totè».

Belinelli a nostro avviso oggi è il migliore italiano della serie A: è tra i nomi di quelli che potrebbe portare al preolimpico?
«Marco è un campione, lungi da me l’idea di poterlo mettere in discussione per quello che ha fatto e che sta facendo vedere. Ho una mia etica, che fa parte del mio modo di gestire la mia vita. Beli è un ragazzo d’oro con cui ho parlato e che fa parte dell’elite della pallacanestro italiana: non posso non prendere in considerazione l’ipotesi di portarlo sempre in Nazionale. La verità è che le relazioni con i giocatori va al di là di quanto poi racconto. Con Marco ho un rapporto fraterno, ho giocato con lui quando era piccolino, ed è una persona che devo proteggere. Insomma, le considerazioni che devo fare, le farò assieme ai miei giocatori. Non c’è dubbio che meriti l’azzurro: se poi questa estate verrà o meno, è una decisione che dovrò prendere, e non lo farò adesso. Convocarlo ora sarebbe stato poco sensato. Ma la scelta non si basa solo su quello che credo io, altrimenti sarebbe folle non chiamarlo. Bisognerà vedere cosa ne pensa lui, rispettando le sue esigenze».

Beli le ha comunque già dato la sua disponibilità?
«Marco e Gallinari sono straordinari, hanno un amore viscerale per la Nazionale che mi commuove. Poi nella vita è normale che si debba rinunciare a qualcosa. Se verrà convocato o meno Belinelli, lo ripeto, la decisione sarà sempre e comunque mia. E ancora non ho deciso».

Per le prossime partite di qualificazione agli Europei ha richiamato Petrucelli. Il fatto curioso è che adesso sono spuntati fuori i nomi di Drew Eubanks e di Di Vincenzo, entrambi in NBA e possibili nuovi passaportati, e per la FIBA se ne può utilizzare solo uno. Che ne pensa?
«Mi sono reso conto quanto sia importante sapere chi ha piacere di allenarsi e giocare per l’Italia. Io non critico le scelte di Banchero (ha preferito vestire la maglia degli Usa, ndr) e di Thompson. Però ho speso delle energie per stare dietro a certe persone. L’ho fatto e non voglio rifarlo. Se in estate dovesse presentarsi qualcuno con il nostro passaporto in tasca e contento di essere allenato da me e di giocare con questi compagni di squadra, io ne sarò felice. Detto questo, ora sono focalizzato su quelli che oggi sono italiani e possono giocare da italiani».


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