La proposta del Prof: Cristiano Ronaldo va insegnato a scuola

L'arrivo del portoghese alla Juventus ha catalizzato l'attenzione di milioni di tifosi italiani. Il professor Palmieri lancia una provocazione: «Studiare un campione in classe può stimolare la cultura sportiva»
La proposta del Prof: Cristiano Ronaldo va insegnato a scuola© Juventus FC via Getty Images
Cristiano Sala
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ROMA - «Ragazze, ma perché filosofia non ce la insegna il Vasco Rossi?». Il suggerimento è stato estratto dal file .zip dei ricordi televisivi. Quelli della sigla dei "Ragazzi della Terza C", serie tv (telefilm si chiamavano una volta) in onda su Italia Uno alla fine degli anni 80. La storia era semplice. Un gruppo di compagni di classe seguiti nelle avventure scolastiche settimana dopo settimana, nelle stagioni che si chiudevano con il classico rompete le righe di fine anno. Vasco è sempre Vasco ma la storia ha accolto nuovi personaggi nell'elenco dei "miti" giovanili. Tra questi sicuramente Cristiano Ronaldo: «Se ne parla così tanto che dovrebbe essere una materia di studio a scuola». Il Professor Pierluigi Palmieri lancia una provocazione per spostare la lente d'ingrandimento sulla "questione scuola" e sul futuro dello sport italiano. Docente universitario alla Lumsa, oggi presidente di "Credici" associazione che promuove anche una nuova progettualità sullo sport nelle scuole: «Lo sport ha una sua storia, ha i suoi luoghi e le sue particolarità, ha i suoi filosofi ed i suoi poeti. Cristiano Ronaldo è uno di questi, così come tanti altri calciatori amati dai ragazzi che sono anche studenti. Lui, Messi, Pogba e tanti altri dovrebbero diventare una materia di studio».

Ci spieghi meglio
«Lo sport può costituire il denominatore comune per saldare tra loro gli anelli delle singole materie di studio. Il ruolo centrale in questa progettualità scolastica, lo assumono i “personaggi” dello sport, (atleti, atlete, ma anche giornalisti, scrittori e dirigenti), per trarre dalle loro gesta, dalle cronache, dalla biografia, dalla letteratura sportive e dall'ambiente di provenienza gli spunti per lo studio e l'approfondimento di argomenti a carattere interdisciplinare. Abbiamo appena vissuto uno splendido Mondiale in Russia. Ecco, anche i grandi eventi, come le Olimpiadi per esempio, hanno la loro attinenza storica, politica ed economica e possono aprire orizzonti vasti e inesplorati per tutti gli indirizzi scolastici e per le relative discipline caratterizzanti».

Dunque alla prima ora suggerisce Matematica, poi "Storia di Cristiano Ronaldo"
«Mettiamola alla prima, così sicuramente nessuno entrerà alla seconda. Scherzi a parte, nell'attualità studiare un campione o uno scrittore di sport e, quando possibile, portarlo a scuola può avere una valenza in termini di stimolo alla riflessione, di lettura delle situazioni e perfino di accettazione dell'insuccesso momentaneo, che nessun manuale di didattica può prevedere. Certo è una provocazione, che va intesa come come sfida e incitamento culturale».

Quindi lo sport come “integratore” dello studio?
«Nello sport il primo compito non è quello della scelta di una disciplina sportiva ma quello di avviare un processo di autoconoscenza. Il ruolo del campione sportivo, dell’allenatore, come accompagnatore e modello, può spingere l’insegnante ad assumere un ruolo analogo. Ciò può mettere in sintonia i soggetti dell'educazione attraverso poli di attrazione argomentativi alla ricerca del denominatore comune su cui far poggiare un'attività condivisa e coerente. In buona sostanza questo può accadere se.. la scuola incontra lo sport” ,o, per meglio dire “se gli va incontro”».

Studiare gli sportivi a scuola può aiutare a formarne dei nuovi?
«I protagonisti e i grandi eventi sono modelli che possono portare a traguardi analoghi e ciò vale, a maggior ragione, in ambito scolastico. La scuola non coglie ancora a pieno le opportunità offerte dalla filosofia che sottende allo sport. Gli agoni dell’antica Grecia sono nati con le competizioni basate sulla forza fisica, per poi trovare spazio anche nei confronti a carattere filosofico».

Pensa che i giovani possano cogliere a pieno il messaggio?
«Credo che tutti i giovani aspirino a diventare “più grandi”, e vanno a scuola nella consapevolezza di dover apprendere e conoscere sempre di più. Lo sport è un catalizzatore in questa direzione perché fa scoprire anche il valore aggiunto del lavoro di gruppo che è determinante nei giochi di squadra come nello studio».

Una volta si diceva "Lo sport ruba tempo alla scuola".
«E' ancora cosi'? Sono in molti tra i docenti, soprattutto nelle scuole superiori, ad avere ancora questa remora. Il tempo scuola, anche nella sua attuale struttura, permette di sviluppare i programmi curriculari in maniera più che soddisfacente. Il timore di chi pensa allo sport come fattore di distrazione dallo studio, va superato»


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