DiFra vs Conceicao: un duello lungo quattro derby

Due vittorie e un pareggio il bilancio di Di Francesco a Roma contro Conceiçao tra il 1998 e il 2000
DiFra vs Conceicao: un duello lungo quattro derby
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Il primo impatto di Sergio Conceiçao col derby di Roma è di quelli che possono cambiare la storia. Eusebio Di Francesco, che se lo ritroverà di fronte in panchina, se lo ricorda bene. Ha partecipato anche lui alla rimonta da 1-3 a 3-3 del 29 novembre 1998, in quella che sarà la sua ultima stagione con il suo mentore Zeman. In quel campionato, Di Francesco segna otto reti, il suo record stagionale. Memorabile il suo contributo per lanciare il gran finale nel derby che diventa il più ricco di gol dal 1934. Con la Roma in dieci, accorcia prima del pareggio di Totti con tanto di maglia esposta sotto la Sud per invitare alla carica. E c'è anche spazio per i rimpianti, per un gol annullato a Delvecchio che si scoprirà regolare e sarebbe valso il primo successo dal 3-0 del 27 novembre 1994. La Roma interrompe una serie di quattro sconfitte consecutive contro la Lazio.

IL PRIMO DERBY. La Roma passa al 25’. Marchegiani sbaglia il tempo dell’uscita, Delvecchio ringrazia. Ma è un’illusione che dura tre minuti, che svanisce in maniera tipicamente zemaniana, con un contropiede fulminante che ne punisce le visioni iper-offensive. È millimetrico il lancio di Mihajlovic, splendido il sinistro al volo di Mancini che batte senza guardare e sorprende Chimenti. Aumentano i falli e le occasioni su punizione di Mihajlovic che pennella ancora per Mancini, per un tocco da sballo di destro, a metà strada tra un colpo di tacco e una deviazione di polpaccio. E raggiunge così Roberto Baggio a quota 153 gol in Serie A. La nona ammonizione di Farina si trasforma nel rosso a Petruzzi quando mancano 25’ alla fine. Eriksson sceglie Venturin per Conceiçao e Couto per Mihajlovic, mentre Zeman ripiega con la difesa a tre, ma Wome stende Salas che firma il 3-1 dal dischetto. La Roma è un mezzofondista, Di Francesco sublima lo sforzo grazie a un raro caso di comunicazione ballerina fra Nedved e Marchegiani. Poi Delvecchio sottrae un pallone a Couto e smarca Totti per il pareggio. SuperMarco ha in mente un’ultima emozione, ma Farina vede un fuorigioco e lascia ai posteri un pari da leggenda.

IL RITORNO. Formalmente, la Roma non vince un derby in casa dal 27 marzo 1977, 1-0 con sinistro al volo dal limite di Bruno Conti. Il digiuno si interrompe dopo 22 anni, l’11 aprile 1999. Doppietta di Delvecchio, gol di Totti, e la squadra di Eriksson va ko. Conceiçao esce dopo un’ora, furioso. Negli ultimi venti minuti vengono espulsi Nesta, Mihajlovic e Paulo Sergio. Zeman sposta a destra a centrocampo Alenichev e si copre davanti con il più disciplinato Gautieri all’ala destra. Così i giallorossi coprono e si distendono con feroce velocità, dominano tatticamente la partita e colpiscono due volte nel primo tempo. Prima in contropiede, quando Totti verticalizza per Delvecchio che irride Mihajlovic e Marchegiani. Poi, con l’intervallo in vista, con il cross del capitano per SuperMarco, che stavolta riserva a Nesta il ruolo della comparsa smarrita nel tentativo di arginarlo. Il finale è più nervoso che bello. Vieri, in posizione dubbia, arriva prima di tutti sulla rivedibile respinta di Konsel che ha negato il gol a Nedved. Di Francesco trova comunque il modo di entrare anche nella storia del secondo derby stagionale: è lui che provoca l’espulsione di Nesta, per fallo da ultimo uomo. Totti firma il tris e fa calare il sipario.

POKER ROMA. Nell’anno del secondo scudetto, la Lazio all’andata si inchina ancora alla Roma. È sempre Delvecchio ad avviare dopo 7 minuti il 4-1 giallorosso. Ne passano altri quattro e Montella disegna il pallonetto del raddoppio. I giallorossi controllano la gara. Si replica l’uno-due iniziale. Tris di Delvecchio, su assist di Totti, poker di Montella che salta anche il portiere biancoceleste e segna a porta vuota. L’orgoglio laziale nella ripresa produce solo il rigore di Mihajlovic. Conceiçao esce per Almeyda in una partita che però ai laziali offre poche ragioni per festeggiare. 

LAZIO, VITTORIA E SCUDETTO. Ma al ritorno è tutta un’altra storia. A poche ore dalla sconfitta della Juventus contro il Milan, la Lazio riapre la corsa scudetto. “A volte le aquile scendono al livello delle galline, ma una gallina non potrà mai volare in alto come un’aquila”, scrive Mihajlovic per motivare i compagni negli spogliatoi prima della partita. Al 3’ la Roma passa con Montella, ma la storia stavolta non si ripete. Eriksson vince il confronto tattico con Capello. Tiene in panchina Salas con Mancini, Ravanelli e Boksic, punta su Simone Inzaghi e chiede di supportarlo a Veron, Nedved e Conceiçao che a destra duella con Candela. La Lazio si impadronisce del centrocampo, Veron e Nedved fanno il resto. Il ceco pareggia, col regalo aggiuntivo della leggera deviazione di Zago, e in tre minuti la Brujita su punizione ribalta la partita. Al 41’ sull’Olimpico cala il gelo. Marchegiani si lancia in uscita ma cade male e il collo gli si gira in modo innaturale. Perde i sensi, viene portato via in ambulanza: ha un trauma cervicale ma il pericolo più grande, per fortuna, è scongiurato. Nella Roma si fa male anche Candela, la Lazio controlla e va a festeggiare la vittoria che riapre il campionato nel ricordo di Rosario Aquino, promessa della Primavera morto la notte precedente in un incidente stradale. La Lazio si porta a sei punti dalla Juventus, alla fine di un derby intenso e durissimo, e i tifosi iniziano seriamente a parlare di scudetto. Una settimana dopo, il colpo di testa di Simeone al Delle Alpi cambia la storia del campionato. Conceiçao lascia dopo due stagioni e la fama di portafortuna. Dove arriva lui, le squadre vincono.


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