La doppia inchiesta sul controllo del Milan

I pm lavorano sui rapporti tra il fondo Elliott e l’acquirente RedBird  anche grazie a una “talpa”

Le vicende giudiziarie che interessano da settimane la proprietà del Milan si sono arricchite ieri di nuovi particolari riguardanti, da un lato, la fonte di alcuni documenti utilizzati dalla Procura di Milano nell’indagine in corso; dall’altro, le iniziative assunte a cascata dal procuratore federale Chiné, come riportato da Repubblica e Corriere della Sera. Sulle iniziative sportive è trapelato che nella rituale audizione davanti alla procura federale il CEO rossonero Furlani (indagato nel procedimento principale, insieme all’ex CEO Gazidis, per l’ipotesi di ostacolo alla vigilanza della FIGC) ha ribadito che la proprietà del Milan è al 99,8% di RedBird che non ha alcun socio occulto. Un colloquio, si dice, sereno e costruttivo. L’indagine della Procura federale è un atto dovuto, conseguente alla trasmissione di atti da parte dei pm. Chiné dovrà accertare se vi siano concreti elementi per incardinare un procedimento per illecito amministrativo (art. 31 del Codice di Giustizia Sportiva) o per violazione degli obblighi di comunicazione (art. 32) o per la più generale violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e probità (art. 4).

Ammenda o penalizzazione?

Il primo comporterebbe un’ammenda, il secondo una penalizzazione di punti, il terzo un’ampia casistica di sanzioni commisurata alla eventuale violazione accertata. Per la prima fattispecie, occorre che le informazioni sugli assetti proprietari siano state effettivamente reticenti o mendaci, per la seconda si fa riferimento alla tempestività della comunicazione alla FIGC mentre la violazione degli obblighi di lealtà e correttezza è decisamente più ampia e interpretabile. In ogni caso, occorre che l’influenza sulla gestione del club, che i pm ipotizzano abbia esercitato Elliott in virtù del vendor loan, configuri realmente una posizione di proprietà occulta. Dalla lettura del decreto di perquisizione, l’ipotesi dell’accusa sembra incentrata su una presunta coincidenza tra il diritto vantato da Elliott in qualità di creditore e quello che scaturirebbe invece dal possesso di una quota azionaria: due posizioni, di solito, giuridicamente distinte. Dalle pieghe dell’inchiesta emerge come una fonte della procura milanese sia il direttore amministrativo del Milan, Aldo Savi, sentito come teste dagli inquirenti.


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Le parole di Savi ai Pm

Savi arrivò al Milan nel 2018 come consulente del fondo Blue Skye (l’acerrimo nemico di Elliott che ha innescato, con un esposto, le indagini) ed è rimasto nell’organigramma fino ad oggi, attraversando le gestioni Elliott e RedBird. Cos’ha detto Savi ai pm? Intanto ha parlato del famoso “documento” interno in cui si tratteggiavano i contorni di un’ipotetica operazione con investitori terzi, citato nel decreto e che molti si chiedevano come fosse pervenuto ai pm. In realtà era dunque una bozza di lavoro di RedBird, circolata internamente e inviata a Savi. Questi l’avrebbe definita “strana” nel colloquio con gli inquirenti, poiché vi si delineava l’alienazione a terzi di una quota del vendor loan, anziché di una quota azionaria di RedBird il quale, dal canto suo, non avrebbe informato Elliott di queste ipotesi di lavoro. Dal passaggio in questione non si legge tuttavia chiaramente come ciò corrobori l’impianto di un’influenza dominante di quest’ultimo sulla gestione del club. Oltre a questo particolare, Savi avrebbe alluso alla presenza nel CdA del Milan, sotto la gestione RedBird, di ex manager del fondo Elliott (Furlani e Cocirio): circostanza nota perché citata anche nel decreto di perquisizione dei pm.


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Le vicende giudiziarie che interessano da settimane la proprietà del Milan si sono arricchite ieri di nuovi particolari riguardanti, da un lato, la fonte di alcuni documenti utilizzati dalla Procura di Milano nell’indagine in corso; dall’altro, le iniziative assunte a cascata dal procuratore federale Chiné, come riportato da Repubblica e Corriere della Sera. Sulle iniziative sportive è trapelato che nella rituale audizione davanti alla procura federale il CEO rossonero Furlani (indagato nel procedimento principale, insieme all’ex CEO Gazidis, per l’ipotesi di ostacolo alla vigilanza della FIGC) ha ribadito che la proprietà del Milan è al 99,8% di RedBird che non ha alcun socio occulto. Un colloquio, si dice, sereno e costruttivo. L’indagine della Procura federale è un atto dovuto, conseguente alla trasmissione di atti da parte dei pm. Chiné dovrà accertare se vi siano concreti elementi per incardinare un procedimento per illecito amministrativo (art. 31 del Codice di Giustizia Sportiva) o per violazione degli obblighi di comunicazione (art. 32) o per la più generale violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e probità (art. 4).

Ammenda o penalizzazione?

Il primo comporterebbe un’ammenda, il secondo una penalizzazione di punti, il terzo un’ampia casistica di sanzioni commisurata alla eventuale violazione accertata. Per la prima fattispecie, occorre che le informazioni sugli assetti proprietari siano state effettivamente reticenti o mendaci, per la seconda si fa riferimento alla tempestività della comunicazione alla FIGC mentre la violazione degli obblighi di lealtà e correttezza è decisamente più ampia e interpretabile. In ogni caso, occorre che l’influenza sulla gestione del club, che i pm ipotizzano abbia esercitato Elliott in virtù del vendor loan, configuri realmente una posizione di proprietà occulta. Dalla lettura del decreto di perquisizione, l’ipotesi dell’accusa sembra incentrata su una presunta coincidenza tra il diritto vantato da Elliott in qualità di creditore e quello che scaturirebbe invece dal possesso di una quota azionaria: due posizioni, di solito, giuridicamente distinte. Dalle pieghe dell’inchiesta emerge come una fonte della procura milanese sia il direttore amministrativo del Milan, Aldo Savi, sentito come teste dagli inquirenti.


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