Roma, Monchi a Boston: il rischiatutto

Da lunedì il club giallorosso discute le strategie: non si parlerà solo di allenatori
Roma, Monchi a Boston: il rischiatutto© Bartoletti
Roberto Maida
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Due cose ha sempre preteso Pallotta dai suoi manager: l’ottenimento dell’equilibrio finanziario e il miglioramento del prestigio del brand. Non che ignori l’importanza delle vittorie ma in attesa del via libera sullo stadio di proprietà, ancora piuttosto lontano all’orizzonte, Pallotta è convinto che i due presupposti di base siano fondamentali per la crescita di un’azienda e quindi, nel caso di specie, per i successi sportivi. Monchi, stimato direttore, in questa stagione rischia di non raggiungere i due obiettivi: se la Roma non va in Champions perde il 35-40% del suo fatturato, vede depauperarsi il patrimonio calciatori a causa dell’obbligo di cessioni pesanti e di conseguenza si svaluta in termini di marchio.



IL QUADRO - È un'apocalisse che Monchi per primo vuole evitare, a prescindere che resti o meno alla Roma nel medio-lungo periodo. In questo senso vanno lette le dichiarazioni precedenti all’imbarazzante partita di PlzenNon mi dimetto, finché questa società mi vuole starò qui»). Sa benissimo, da uomo di mondo e da professionista esperto, che la maggioranza dei tifosi lo incolpa di un mercato doloroso in uscita (Alisson, Nainggolan, Strootman) e incomprensibile in entrata (Pastore, Cristante, Marcano, Bianda). E sa ancora meglio che Pallotta lo ha messo in discussione quanto Di Francesco: dopo aver accettato per molto tempo le operazioni spregiudicate di Sabatini, intende partecipare in prima persona alle riunioni nelle quali si decidono gli acquisti. Non a caso era stato il presidente a ordinare il rilancio per Malcom, quando Monchi si era già tirato indietro dalla trattativa.

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