Sylvia Hoeks, intervista alla nuova cattiva di Millennium

L'attrice di Blade Runner 2049 torna al cinema in Quello che non uccide, nuovo adattamento dalla saga di Millennium, di Stieg Larsson.
Sylvia Hoeks, intervista alla nuova cattiva di Millennium
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A partire dal 9 novembre 2018, l’affascinante Sylvia Hoeks si ripresenta sul grande schermo in un ruolo ambiguo, per Millennium - Quello che non Uccide, il nuovo film di Fede Alvarez che si basa sull’omonimo romanzo che si pone come continuazione ideale della saga letteraria di Millennium, di Stieg Larsson. La Hoeks interpreta nel film Camilla Salander, sorella meno famosa e più cattiva di Lisbeth, personaggio iconico che, dopo essere stato interpretato da Noomi Rapace e da Rooney Mara, passa a Claire Foy (The Crown).

Abbiamo incontrato la bellissima Sylvia, ex modella, in occasione della premiere mondiale del film, nella cornice della Festa di Roma, e in questa occasione ha raccontato della sua Camilla, del lavoro con Alvarez e della partecipazione a un progetto tanto atteso, che corona il suo momento d’oro.

Il tuo personaggio può essere definito un villain? Come hai lavorato all’interpretazione, visto che Camilla è poco presente nei romanzi?

“È vero non è molto presente nel libro ma comunque c’è, Fede (Alvarez) aveva una visione molto chiara di cosa voleva dal personaggio, mi ha aiutata molto parlare con lui, ho provato a focalizzarmi sul mondo che lui voleva costruire nel film, come voleva raccontare la storia, renderla qualcosa di più internazionale. Camilla è una donna danneggiata, è una vittima, può assolutamente giocare a fare il villain, ma è ferita, ha dei traumi.”

È come se fosse un’altra faccia di Lisbeth?

“In un certo senso sì, credo sia quella che mostra al pubblico una parte di verità di Lisbeth, perché in fondo cosa sappiamo di lei? Che è una donna inafferrabile, ma attraverso Camilla vediamo un aspetto emotivo molto importante che viene fuori; tutto questo è parte di lei, è parte del suo essere vittima. Il problema è che se ti identifichi troppo con Camilla perdi Lisbeth, serve mantenere un equilibrio molto delicato nel film, anche perché nel momento di confronto fra le due, in cui emerge la verità, il pubblico ha bisogno di stare dalla parte di Lisbeth, è la sua storia e il mio personaggio aiuta semplicemente a raccontarla.”

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E il suo look?

“Per quel che riguarda il look è stato chiaro da subito che serviva per far capire che era una donna piena di dolore, che per sedici anni tutti i giorni viene torturata, è come se provenisse da un altro mondo dove non può trovare una soluzione, Lisbeth e Camilla si causano dolore a vicenda. Il look era davvero importante per crearla. Ho sentito dire che si ispira molto ai film di Bond, ma io credo sia un mix fra la mia voglia di avere una cicatrice e le sopracciglia bionde, e il potente outfit rosso. Tutto ciò la rende un’immagine forte che esalta il suo dolore. Per prepararmi al personaggio ho fatto delle ricerche ho letto tutto della vicenda di Natascha Kampusch, (la ragazza rapita per otto anni e costretta a vivere in una cantina), la sua storia era orribile, ma è stato l’unico modo per me di capire questo personaggio. Ci sono diverse cose interessanti del suo essere un villain, c’è uno scontro importante con Lisbeth dove viene fuori tutta la verità, lei può anche giocare a fare la cattiva ma è una persona ferita e tutto è racchiuso in quelle poche scene.”


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