La notte dei 12 anni al cinema, la recensione

Il nuovo film di Álvaro Brechner parla di una tragica pagina della storia recente dell'Uruguay.
La notte dei 12 anni al cinema, la recensione
3 min

Presentato nella sezione Orizzonti all’ultima Mostra Internazionale del cinema di Venezia, La notte dei 12 anni è il nuovo film di Álvaro Brechner, che arriva in sala in Italia il 10 gennaio, distribuito da BIM - Movie Inspired.

Nell’Uruguay della dittatura militare, nel 1973, tre guerriglieri Tupamaros vengono arrestati e portati in carcere, dove, con spostamenti continui da una caserma all’altra, resteranno in isolamento per dodici anni, ostaggi del regime, che si riserva di ucciderli in caso di nuovi attacchi da parte di guerriglieri ancora attivi nel paese. Senza poter parlare, spesso incappucciati, ammanettati, nutriti a malapena e privati di tutto, saranno portati ai limiti della resistenza umana e psicologica e solo aggrappandosi ai pochi brandelli di vita con cui verranno in contatto o al potere dell’immaginazione potranno evitare l’annientamento.

I tre prigionieri sono José “Pepe” Mujica (Antonio De La Torre), Eleuterio Fernández Huidobro (Alfonso Tort) e Mauricio Rosencof (Chino Darín). Il film si basa sulle testimonianze della loro reale esperienza. Oggi, sono considerati figure di spicco della vita democratica del paese post dittatura: Mujica è stato Presidente dell’Uruguay, Huidobro Ministro della difesa, mentre Rosencof è scrittore e poeta.

In merito alla preparazione necessaria alla realizzazione del film, il regista ha dichiarato: “Ci sono state ricerche e incontri con i protagonisti reali della storia, ma anche con altri prigionieri, con militari, storici. Questo film ha due livelli: il primo è quello astratto e storico, ma per me quello più importante è il dibattito esistenziale che vi è all’interno. Che tipo di lotta si innesca in un essere umano, che gli consente di restare tale nonostante viva in circostanze estreme? Sono stati anni e anni di incontri e tentativi di capire, perché il linguaggio stesso dell’uomo non riesce a rappresentare l’orrore. È stato molto importante parlare con i neurologi, per capire in che modo il cervello riesce a sopravvivere, a mantenersi a galla in quel tipo di circostanze.”

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