L'Isola dei Cani è una favola umana

Wes Anderson torna a giocare con lo stop motion: in tutte le sale dal 1° maggio
L'Isola dei Cani è una favola umana

L’Isola dei Cani è il nono lungometraggio e secondo film d’animazione in stop motion (dopo Fantastic Mr. Fox) di Wes Anderson che ha aperto la 68esima edizione del Festival di Berlino, vincendo l’Orso d'argento per il miglior regista. Arriva nelle sale il 1° maggio. Nel 2037, per arginare una terribile influenza canina che rischia di infettare gli esseri umani, il sindaco di Megasaki in Giappone decide di deportare tutti i cani, randagi e domestici, su una vicina isola fino ad allora usata per raccogliere i rifiuti dell’uomo. Sei mesi dopo, novello il figlio adottivo del sindaco, Atari, precipita con un piccolo aereo sull’isola in cerca di Spots, il primo cane ad essere esiliato. Il giovane dodicenne inizia un viaggio verso il cuore dell’isola in compagnia di un gruppo di randagi, sporchi e affamati, ma non per questo meno disponibili ad aiutare un giovane uomo nella sua perigliosa ricerca dell’amico di un tempo.  

Girato in stop motion con l’aiuto del computer per alcuni scenari e anche di alcuni disegni a mano,  Wes Anderson  edifica un altro dei suoi universi immaginari muovendosi incredibilmente fuori dalla sua zona di conforto. Siamo in un futuro dispotico e qui Anderson ha costruito il suo film più politico contro l’intolleranza e contro tutti i muri. Schiacciata sotto il piede di un sindaco-dittatore amante dei gatti che ha creato attorno a sé il silenzio e lo chiama democrazia, la popolazione di Megasaki rinuncia al migliore amico dell’uomo per la paura del contagio e restare al sicuro. L’amore di un bambino per il suo cane, una studentessa americana in Oriente per motivi di studio e un gruppo di randagi mettono in crisi il sistema. L’isola dove i cani sono esiliati è un incrocio architettonico tra  i paesaggi industriali abbandonati  e un parco divertimenti in rovina e sebbene Anderson si sia immerso nella cultura giapponese, citando Kurusawa, riproducendo le celebri onde di Hokusai e lasciando che i personaggi nipponici si esprimano nella loro lingua madre - sottotitolando per sommi capi il senso dei loro discorsi - L’Isola dei Cani è lontanissimo dal concetto di personaggi kawaii, ovvero di ciò che è amabile o adorabile. Gli animali e anche gli umani sono feriti e sporchi, orecchie staccate, occhi tumefatti, corpi lacerati, pelle e pelo talmente sporco da lasciar loro dimenticare chi effettivamente siano.  


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