Alonso, il pilota dei Due Mondi pronto alla stagione più dura

Intervista al campione di Formula 1 in occasione dei test Toyota in vista del Mondiale Endurance: l'obiettivo è vincere la 24 Ore di Le Mans
Alonso, inizia la nuova avventura Wec
Pasquale Di Santillo
10 min

È un uomo felice Fernando Alonso. Finalmente. Il pilota dei due Mondi, Formula Uno ed Endurance, a 36 anni si allunga la vita professionale, cominciandone un’altra più simile a quella dei fenomeni del volante del passato che saltavano da un sedile all’altro, per correre e vincere dove si poteva. E per farlo è pronto ad un anno e mezzo da stakanovista consapevole, 29 gare ufficiali da marzo 2018 a giugno 2019, grazie al WEC, il Mondiale Endurance che si correrà in una sorta di Super Season, 8 Gran Premi tra 2018 e 2019.

Eppure è un uomo felice, Fernando, per tanti motivi. Intanto, perchè dopo tre anni di inferno - passati più ai box che in pista inseguendo i problemi della McLaren Honda - torna ad occupare il centro del palcoscenico del motorismo mondiale, come gli compete, inseguendo un’impresa di altri tempi, riuscita solo ad un certo Graham Hill. Vincere la “tripla corona”, cioè il GP di Monaco (già fatto due volte), la 500 Miglia di Indianapolis (coming soon...) e la 24 Ore di Le Mans.



Poi perchè Le Mans è il suo sogno dal 2014 quando, ancora di Ferrari vestito, lo invitarono a fare da mossiere alla maratona francese. Fernando in uscita dalla Rossa e ancora senza contratto in F.1  si fece affascinare dalla Porsche con la quale siglò un precontratto biennale per la corsa icona, poi arrivò Ron Dennis, l’intesa miliardaria con la McLaren e grazie all’appoggio di Ecclestone il boss inglese chiuse la porta al sogno di Fernando, per la gioia di Hulkenberg che trionfò a bordo della Porsche che doveva guidare Alonso...

Ma i sogni non si smettono mai di coltivare. Ora a Woking comanda Zak Brown, un americano, come i nuovi proprietari della F.1. E soprattutto, a fornire i motori a McLaren è Renault, non più Honda, che mai avrebbe accettato di vedere un suo pilota guidare motori concorrenti, dopo averlo profumatamente stipendiato con 35 milioni l’anno. E le porte di Le Mans, dell’Endurance, dell’impresa storica, per Fernando, si sono improvvisamente riaperte. L’anno scorso due debutti importanti, una alla 24 Ore di Daytona (su un prototipo della United Autosport, altra scuderia di Brown) chiusa al 38° posto e l’altra alla 500 Miglia di Indianapolis (a bordo di una McLaren Honda), interrotta sul più bello quando stava provando a raggiungere il podio. Tutta esperienza che tornerà al momento giusto.

Così oggi l’asturiano è davvero un uomo felice. Nella saletta del circuito portoghese di Portimao, in Algarve dove da lunedì è stato impegnato nel primo, lungo test di 32 ore, anche in notturna, con la Toyota TS050 Hybrid, lo vedi sorridere con indosso i colori del Toyota Gazoo Racing. L’anima sportiva del colosso giapponese con il quale il campione spagnolo ha chiuso una trattativa strana, decollata su sua richiesta, poi stoppata e infine definita con l’annuncio ufficiale dato solo il 30 gennaio scorso. Non a caso sono in tanti a sostenere che Alonso abbia accettato di correre praticamente gratis pur di avere una chance praticamente unica per trionfare a Le Mans e nel Mondiale WEC.

Del resto, adesso o mai più, per lui, come per la Toyota. Una incredibile coincidenza di obiettivi visto che anche la Casa giapponese insegue ancora la sua prima affermazione a Le Mans dopo 19 partecipazioni (dal 1985 ad oggi) costellate da cinque secondi posti, tante occasioni perse, incidenti, sfortuna e incredibili ritiri (clamoroso quello da leader del 2016 a 3 minuti e mezzo dalla fine...). Tutto nell’anno in cui praticamente Toyota correrà da sola, almeno per l’alto livello, vista l’assenza di Audi e Porsche, ormai impegnate in Formula E

Le partenze di Fernando Alonso sanno ancora sorprendere anche nelle interviste, in 20 minuti si deve essere sintetici.
 «Sia chiaro, io non punto solo a vincere la 24 Ore di Le Mans: voglio anche il Mondiale Endurance».

L’arrivo è chiaro, Alonso può spiegarci come è iniziata l’avventura?  
«Quando nel 2014 venne invitato come starter in Francia rimasi impressionato dalle macchina, dalla gente, dall’atmosfera. E decisi: un giorno correrò qui. Per un momento ci sarebbe stata la possibilità di farlo anche quando ero alla Ferrari. Ma non se ne fece nulla. Ma il pensiero, il sogno, era sempre lì. E ora grazie all’oppurtunità offerta da Toyota avrO’ la possibilità di correre con un’auto molto competitiva e con una grande squadra».

Non la spaventa il doppio impegno: 29 gran premi, 21 di F.1 e 8 di Endurance?
«Sinceramente no. Ho programmato tutto nei minimi particolari. So già adesso quali aerei prenderò, quanti saranno i viaggi, da una parte all’altra del mondo. Non mi spaventa, nemmeno quando in ottobre avrò 7 week end di gara consecutivi. È’ sempre meglio correre in pista, stare in macchina invece che allenarsi a casa con gli elastici per il collo. Riuscirò ad avere anche qualche momento libero per stare con la famiglia e con gli amici. La verità sapete qual è? Che il problema più grosso, non è quello delle corse. La cosa più difficile da gestire sono le interviste, gli eventi per gli  sponsor, l’attenzionE da dare ai tifosi. Sarà tutto questo che dovrò imparare a gestire meglio».

Un pacchetto così oneroso di impegni non potrebbe pesarle,a 36 anni, con una carriera iniziata da giovanissimo e dopo 16 anni di Formula 1?
«Mi sento giovane e in piena forma. Mi alleno molto e sono anche particolarmente motivato. Negli ultimi tempi non è andata benissimO. Ho ancora tanta fame».
   
Di soldi?
«Affatto - ridacchia - da questo punto di vista sto molto bene, non mi posso lamentare. Onestamente devo dire che mi piace correre, mi piacciono le sfide. Credo di essere l’unico, e lo dico senza modestia, che può disputare contemporaneamente due campionati ad alto livello e vincerli».
   
Correrà condividendo la macchina con lo svizzero Buemi e il giapponese Nakajima? Non teme di rimanere a piedi per errori altrui?

«Non mi preoccupa: ho passato gli ultimi tre anni in Formula 1 più fermo ai box in attesa che mi riportassero la macchina ferma per qualche problema che in  pista. Ci ho fatto l’abitudine - altra risata -. No, davvero mi piace questa formula».
   
Nella sua carriera ha avuto spesso problemi con i suoi compagni di squadra: c’è il rischio possa accadere anche nell’Endurance?
«Penso proprio che non esistano margini. Nelle corse di endurance è tutto diverso. In Formula 1 ci si frequenta durante i briefing, qualche volta nei vari eventi cui partecipiamo insieme, ma onestamente non siamo amici. Il compagno di squadra è di solito il primo rivale. QuiN invece, c’è il tempo per parlare, ci scambiamo opinioni e dati perchè guidiamo la stessa macchina, è proprio l’ambiente ad essere differente. La competizione non è individuale ma con gli altri team. È un gioco di squadra».
   
Quanto è difficile guidare una vettura così lontana dalla Formula 1?
«Sono un apprendista, sto imparando. I cavalli della power unit ibrida della Toyota TS050 sono tanti: fra motore termico turbo e quelli elettrici sono 1000. E qui abbiamo tanti aiuti elettronici come il controllo della trazione che è integrale, il bilanciamento della coppia fra una ruota e l’altra. Certo, bisogna lavorare molto, ma sono già a buon punto. In definitiva è proprio tutta un’altra cosa rispetto alla F1, qui bisogna adattarsi. Fare i conti con la guida di notte e con la pioggia.  Però si supera tutto, abbiamo i tergicristalli e le ruote posteriori sono coperte, quindi non spruzzano...».
 

Ma com’è davvero guidare un prototipo ibrido da 1000 cv?
«L’accelerazione di queste macchine è paurosa, incredibile,  qualcosa di molto speciale. La trazione integrale con il sistema ibrido fa accelerare l’auto come una sorta di razzo spaziale, quando arrivi alle curve senti la compressione sul sedile, i tuoi occhi sono spalancati. Non vedo l’ora che arrivi la prima gara ma so che c’è ancora da lavorare e allenarsi tanto».

Manca una settimana ai test di F.1 a Barcellona, ne vogliamo parlare?
«Lo faremo la prossima settimana».
   
Uno strappo alla regola si può fare per la McLaren?
«Potrei raccontare come saranno i colori. Ora è difficile sapere se sarà competitiva con Ferrari e Mercedes. E chiaro che lo spero».
 
Magari conta sul nuovo motore Renault che lei guiderà per la terza volta in carriera?
«Per adesso è andata abbastanza bene. Vedremo. Al momento nessuna squadra ha ancora delle certezze. Il mio più grande obiettivo, alla fine, resta vincere il terzo titolo in Formula 1. Il mio accordo per correre nel Mondiale Endurance e con la Toyota, è stato possibile solo grazie al rapporto che ho con la McLaren. È una cosa importante e sono contento che Zack (Brown, il boss McLaren ndr) abbia capito la situazione. In nessun modo questa sfida toglierà attenzione dal mio obiettivo principale. Voglio essere competitivo nel WEC come in Formula Uno e sono certo che con le novità di quest’anno potremmo essere più vicini al vertice».


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