I migliori e i peggiori in campo nella sfida dello Stadium: Chiesa è la scarica elettrica che serviva all'attacco bianconero, Rrahmani di "cazzimma"
Sale al comando della difesa, in assenza dei grandi vecchi. Prova a sostituirsi a Bonucci in impostazione, ma non è la stessa cosa. Il suo mestiere, però, lo fa bene eccome, chiudendo praticamente ogni spiffero.
Libera una gioia grande così, dopo 40 giorni di infortunio, con il gol del pari. Poi i pugni di Ospina gli negano il bis. Federico non è sempre efficace ma riporta tutto ciò che mancava all’attacco bianconero: velocità, accelerazioni e incisività. La scarica elettrica che serviva.
Di fisico, d’anticipo, con quella che dalla sue parti - quelle nelle quali vive - si chiama «cazzimma». Non è una cattiva parola, è un modo di essere se di fronte hai Morata e se poi arriva Dybala, se Chiesa viene dentro...
Ha capacità atletiche e fisiche quasi sconosciute e pure nel palleggio ci sa fare. Si oppone a Rabiot dopo essere andato a pressare sulle uscite bianconere. Ha sempre la giocata e la deviazione sul pari non è una colpa.
Come un regista laterale, che però poi va nel mezzo per disegnare parabole dolcissime con le quali arrivare Politano. Guardarlo, nelle movenze e nella interpretazione, già lascia un retrogusto d’amara malinconia pensando che ci sarà un 30 giugno.
Un’altra serata di quelle che lasciano interdetti. La progressione conclusa con un sinistro a lato all’alba del match illude, perché poi si perde in tanta confusione, tra errori e mugugni dello Stadium, che infatti lo fischia alla sostituzione.
Colpevole in occasione del vantaggio napoletano: prima leggero su Politano, poi beffato tra le gambe da Mertens. Il brasiliano fa rimpiangere Pellegrini ed esce tra i fischi.
Alzati e corri - camminare non basta - e per assecondare il secondo mistero della madre di tutte le partite, lui esce dalla quarantena e sta tra le linee, l’ombra di Locatelli ma riferimento per far ondeggiare il Napoli. Si spegne nella ripresa.
La rincorsa al quarto posto rallenta e c’è la sensazione di un’occasione sprecata contro un avversario ridotto ai minimi termini. La Juve parte forte poi viene anestetizzata dallo svantaggio e va in difficoltà. Il pari è meritato ma lascia un’idea di missione incompiuta.
Attraverso Domenichini (che sta in panchina) fa d’una squadra di reduci un mini-esercito di combattenti che non stanno solo in trincea. Il cuore, certo, ma anche l’organizzazione di una squadra che sa cosa vuole.