I giudizi sulla prestazione degli azzurri contro il Carpi di Antonio Giordano
Uno stadio per lui: e lo ossequia con una prestazione di contenuti (offensivi), con una padronanza ed una fisicità che dominano la scena. Deve fronteggiare il nulla ed allora va a fare l’attaccante, si prende il rigore, sfiora un gol, si diverte e ringrazia a modo suo.
Attacca, segna (inutilmente), fa il pendolo andando in mezzo o persino a sovrapporsi a Insigne. Finché c’è, riesce a concedersi, magari senza abbagliare però senza demeritare e lasciando ondeggiare il Carpi proprio da quella parte lì.
Lucido, freddo, in media con el Pipita, che dal dischetto scaccia via i fantasmi ormai lontani: ventiquattresimo autografo, tenendosi i guizzi (probabilmente) per un’altra circostanza. Uscire proprio non gli piace: non riesce a nasconderlo e si vede.
Ventitré minuti e cinquantuno secondi minuti per toccare il suo primo pallone: spettatore non pagante, osservatore privilegiato, perché almeno il pomeriggio è dolce. Deve semplicemente governare su palloni alti e gli viene semplice.
Fa un lavoraccio: provare a non distrarsi, perché c’è ben poco da difendere, rimanendo il Carpi dall’altra parte. Deambula un po’, gli scappa una chiusura un po’ naif, poi si rimette in linea, osserva, tanto c’è sempre Koulibaly.
Ritrova la gamba, ci prova però con la cautela che richiedono gare insidiose, “sporche”. Però pure lui s’accorge che si rischia di paralisi, o lo scontro frontale contro il muro, ed allora tenta di aggirare entrando non lateralmente, ma in mezzo.
Almeno è vivace e va ad accelerare ogni volta che ne ha possibilità: esagera nel portar palla, perché intorno c’è staticità; comunque offre la sensazioni di poter prima o poi sgretolare la prima fase difensiva altrui. Una impressione, comunque.
Vorrebbe avere mediani che partono, esterni che vengano incontro: deve gestire, con sufficienza gli viene bene, sfilando via dalla gabbia che sente intorno, un trequartista che lo asfissia e il regista avversario che l’attende. Circolazione, ma lenta, di chi gioca 110 palloni.
Ha raddoppi ovunque e cambiar corsia non concede privilegi: cerca di andarsene nel mezzo, stavolta il collo-interno dalla distanza non lo assiste perché ci sono pomeriggi in chiaroscuro.
Entra e fa sentire la sua verve, non s’accende come sa ma alimenta ulteriore preoccupazione nel Carpi. E’ il cambio che introduce freschezza, che serve per avere più inventiva