Il bambino dei prodigi si è mostrato, e in che modo, all’Emirates: sotto quella faccia da bravissimo ragazzo, si nasconde un «mostro» di bravura che usa l’area di porta come un igloo e dispensa freddezza glaciale nei momenti topici
Però che carattere: sente sempre la tramontana che spira dagli spalti e riesce a ripararsi egualmente. Se il Napoli gioca, per tendenza, con i quattro classicamente in linea, lui va; altrimenti, rimane sulle sue, asseconda gli equilibri e lo spartito di Ancelotti. Ha (ri)scalato le gerarchie, per un momento ad appannaggio di Malcuit, ma ha una educazione al ruolo e un rigore che Ancelotti ha apprezzato
La sorpresa di questa fase, piuttosto lunga, della stagione: è lui che consente di spostare la linea difensiva, di variare nelle coperture e nella fase di scivolamento, di spingere, di metterci non solo il fisico ma anche il carattere. Sta meglio in mezzo, anche a Londra lo ha dimostrato, ma quando emigra a destra, consente di governare in scioltezza situazioni eventualmente scabrose.
E’ un leader riconosciuto, tecnicamente ma anche psicologicamente, e per chi non l’avesse capito, al Bentegodi ha voluto lanciare un messaggio a se stesso, alla squadra, ai tifosi: il mondo, visto dal K2, è meraviglioso...
Domenica, a Verona, per un po’, s’è ripreso la scena, ha allargato il campo, è andato in sovrapposizione e si è regalato un tweet che sa di sorriso. «Sono in ritmo». Diventa una scheggia, a questo punto, e può darsi che entri in ballottaggio con Mario Rui.
Il più intelligente rappresentante del calcio moderno, anche il più vario nella interpretazione delle due fasi della partita: non sbaglia un tempo di gioco, né una fuga alle spalle dell’ultimo difensore avversario.
E’ piombato in quel periodo di scarsa ispirazione agonistica che appartiene agli esseri umani: ma è stato un riferimento centrale assoluto, sia nel momento del possesso che in quello della interdizione.
Zielinski è tante cose assieme, adesso: non solo un calcio pulito, forse eccessivamente personalizzato, ma una capacità a strappare in quella zona affollata e aprire il campo, per sé ma anche per gli appoggi di chi gli sta largo.
I geniacci sono fatti così, vanno attesi guardando la luna: Napoli-Arsenal è la sua partita, da affrontare con la semplicità e la naturalezza di chi sa essere consapevole di avere sempre un effetto speciale da regalarsi. Proprio nell’istante (apparentemente) meno favorevole.
I suoi guizzi possono diventare letali, deve trovare la posizione migliore per «sentire » Milik e giovarsene, nel caso tocchi a lui rappresentare l’estro che va ad inquietare l’Arsenal tra le linee.
Il Napoli ha faticato a raggiungerlo, a Verona, allora si è messo in proprio. E’ gli è capitato anche altre volte: a Bergamo, all’Olimpico, se li è inventati lui. E qualcosa dovrà ancora fare contro l’Arsenal: dimostrare per l’ennesima volta cosa significhi essere un centravanti.