Il centrocampista giallorosso si confessa all'interno del suo nuovo negozio d'abbigliamento "No name store" per la rivista 'Roma Magazine'

Sì, fin da quando ero un ragazzo. Adesso abbiamo avuto l’idea di iniziare con un negozio, quindi ci stiamo divertendo. Perché vesto largo? Perché ho le gambe un po’ larghe, quindi con un pantalone stretto mi si vedrebbero.
Non mi ricordo dove ho iniziato, credo a Cagliari. Ho iniziato a fare la cresta, poi dopo rasarli e ricominciare con un’altra capigliatura sarebbe stato difficile, quindi sono rimasto sempre con quella e vedo tante persone che apprezzano.
No, è un cognome indonesiano. Io sono nato in Belgio ma mio papà è indonesiano. Alla fine questo cognome lo porto con tanto orgoglio, perché si vede che non sono un belga puro e quindi lo porto per dimostrare le mie origini. Volendo avrei anche potuto cambiarlo, non avendo conosciuto mio padre da piccolo, ma sono comunque fiero di portarlo.
Non mi sento romano, ma mi sento un po’ italiano in generale, perché sono 12 anni che sto qua e conosco tanti posti in Italia. A Roma sto vivendo benissimo, sono felice, so ormai cosa vuol dire giocare per i colori della Roma e sono molto felice ed orgoglioso di poter far parte di questa squadra.
Ho iniziato con tatuaggi che avevano un significato, e poi dopo, visto che mi piace l’arte, è diventata un po’ una malattia, esattamente come quella per i vestiti e per le macchine. Non tutti hanno un significato preciso ma ho date e simboli che riconducono ad esperienze provate durante la mia vita
Se mi hanno dato un soprannome secondo me è perché vuol dire che qualcosa di importante e di buono l’ho fatto, quindi sono soddisfatto per questo.