La Redazione domenica 30 ottobre 2022, 13:07
Caschetto biondo, zero tatuaggi, ma stessa grinta. Dal campo alla panchina, da figlio d'arte a padre di tre bambini, l'evoluzione di un uomo tutto vene e sorrisi
Bartoletti
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È il 30 ottobre del 2001: 21 anni fa il diciottenne Daniele De Rossi fa il suo esordio con la Roma. Allenatore Capello, competizione Champions League, partita Roma - Anderlecht.
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Daniele De Rossi, nato a Roma il 24 luglio 1983, figli di Manuela e Alberto De Rossi, ex calciatore e allenatore di calcio giovanile. Gira nell'orbita della prima squadra dalla stagione 2000-2001, quella dell'ultimo scudetto. Non giocando neppure un minuto non è, però, campione d'Italia.
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De Rossi, ex attaccante, nella Roma gioca come centrocampista centrale, a volte come mezz'ala, sul finire della carriera anche come difensore centrale.
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Da ragazzo era nel mirino del Chelsea e della Juventus ma la famiglia Sensi, il presidente Franco soprattutto, non ha mai voluto sentire ragioni: in Italia, De Rossi ha indossato solo la maglia della Roma.
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Capelli lunghi biondi, nessun tatuaggio, quando De Rossi inizia la carriera in prima squadra il fisico era molto meno strutturato rispetto a come sarebbe diventato in futuro. La grinta, invece, sempre la stessa.
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De Rossi gioca per la prima volta in Serie A il 25 gennaio 2003 a Como. Alla prima da titolare, il 10 maggio 2003 contro il Torino, realizza invece il primo gol in campionato.
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De Rossi diventa un titolare fisso della Roma nel 2004, a 21 anni, ma la prima vera esplosione arriva l'anno successivo quando sulla panchina giallorossa arriva Luciano Spalletti. Con lui vince le uniche tre coppe con la Roma: due coppe Italia e una Supercoppa.
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Soprannominato "Capitan Futuro", De Rossi è stato bravo a non crescere nell'ombra di Totti, ma accanto a lui. Ne ha ereditato la fascia per due stagioni, sono sempre state due facce della stessa medaglia.
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Il 9 luglio del 2006, a Berlino, Totti e De Rossi (con Perrotta in campo e Vito Scala nello staff) sono diventati campioni del Mondo.
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Quando Daniele De Rossi ha salutato la Roma in campo, ad abbracciarlo, c'era Totti. Neppure un mese dopo anche Francesco, da dirigente, avrebbe lasciato la Roma.
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Oggi Totti e De Rossi si frequentano più di prima: ogni tanto si incrociano allo stadio, spesso giocano a padel insieme.
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La vena di Daniele: il suo tratto distintivo, il motivo per cui per i romanisti è sempre stato non solo un giocatore, ma la loro diretta emanazione in campo.
Bartoletti
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De Rossi durante un derby: la Lazio è stata la nemica di una vita, quando ha smesso la Curva Nord gli ha dedicato questo striscione: "La Nord saluta De Rossi, fiero e irriducibile nemico sul campo".
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Una delle foto più belle di De Rossi con la Roma: a Genova, avversario la Samp, è il 6 aprile del 2019 quando De Rossi segna il suo ultimo gol con l'amore di una vita.
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L'ultima con la sua Roma, all'Olimpico contro il Parma. Daniele scrive: "Grazie ai tifosi della Roma, i miei tifosi. Siete stati la ragione per cui tante volte ho scelto di nuovo questa città. Domani sarà la seicentosedicesima volta in cui io considererò questa scelta, la scelta giusta".
LAPRESSE
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Daniele De Rossi saluta la Roma con i suoi gioielli accanto. Anche in questo caso, a lui le parole: "Grazie anche a chi mi ha sopportato e supportato tra le mura di casa: senza Gaia, Olivia e Noah e soprattutto Sarah sarei la metà dell’uomo che sono oggi".
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Nell'estate del 2019 De Rossi decide di regalarsi un'avventura al Boca Juniors: gioca poco (appena 7 partite), ma l'esperienza è una di quelle che gli rimarrà dentro per sempre. Smette il 6 gennaio del 2020, poco prima della pandemia: lascia perché vuole ricongiungersi alla prima figlia, Gaia, rimasta in Italia, e perché il fisico non risponde più come una volta.
ANSA
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Fin da subito De Rossi ha le idee chiare: vuole fare l'allenatore. Inizia, mentre studia, a collaborare con la Figc e il c.t. Mancini: nell'estate 2021 diventa campione d'Europa con la Nazionale.
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Ottobre 2022: il giorno 11 inizia ufficialmente la sua avventura da allenatore. Lo sceglie la Spal, in Serie B. La Roma lo aspetta: non è questione di se, ma di quando. Ventuno anni dopo l'esordio, prima o poi il filo si riannoderà.
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