E’ un’impresa che sfida il tempo e ridefinisce i limiti dello sport, quella del 9 febbraio 2014, quando Armin Zoeggeler, l’intramontabile re dello slittino, conquista una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Sochi. Quella, infatti, è la sua sesta medaglia in sei edizioni consecutive dei Giochi Invernali. Un record impensabile, una pietra miliare che ha inciso il nome dell’altoatesino nella leggenda dello sport mondiale, superando i confini della disciplina e dimostrando che la costanza e la passione possono superare ogni barriera.
Leggenda
Quel terzo posto “sochiano”, dietro al russo Albert Demchenko e al tedesco Felix Loch (in quel momento re della velocità sul ghiaccio per la seconda volta di seguito dopo Vancouver), non è solo un trionfo personale, ma una testimonianza della resilienza di un atleta che ha trasformato ogni sfida in un’opportunità per crescere e consolidare il proprio posto in cima al podio olimpico. Mentre altri fenomeni del mondo dello sport come la nostra Valentina Vezzali nella scherma, il tiratore tedesco Ralf Schumann, la judoka giapponese Ryoko Tamura, lo slittinista tedesco Georg Hackl e la pattinatrice tedesca Claudia Pechstein - avevano raggiunto il limite delle 5 Olimpiadi a medaglia, Zoeggeler ha superato quell’ostacolo, aggiungendo un sesto podio al suo già straordinario palmarès. In tutti gli sport, sia ai Giochi Estivi sia a quelli Invernali, nessuno aveva mai raggiunto una simile continuità sul podio. In quel momento, in Russia, la storia di Zoeggeler supera e si intreccia con quella di altre leggende, rendendo il record un simbolo universale di eccellenza e perseveranza.
Eterno
A partire da allora Armin non è solo un atleta, è un’icona del successo, un portabandiera degli sport invernali italiani. Nella sua lunghissima carriera, chiusa poi il 14 ottobre 2014 a Milano, ha collezionato titoli mondiali, europei e Coppe del Mondo, oltre alle medaglie olimpiche. Quella di bronzo a Sochi rappresenta il culmine di un cammino straordinario, un traguardo che testimonia l’impegno costante e la dedizione a una disciplina tanto esigente quanto spettacolare. All’epoca, quando aveva appena compiuto 40 anni, il carabiniere di Merano ha scritto un’altra pagina indelebile nella storia del suo sport, confermando il suo status di atleta eterno. Un momento di gloria che lo ha reso per sempre immortale.