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Carlo Verdone: Sport e ricerca? Troppo forte!

Il grande attore romano, testimonial per la fibrosi cistica, sottolinea l'importanza dell'iniziativa della Cusano con il Corriere dello Sport "qui si fa comunicazione di alto livello".

Chi non ricorda il medico che, nel pieno del suo matrimonio, risponde al cellulare, interrompendo la marcia verso l’altare e dicendo al paziente: «Si figuri, non mi disturba affatto». Uno dei personaggi più noti che Carlo Verdone ha caratterizzato con la sua impareggiabile sagacia e con il suo cinismo comico. Di cinico, però, nel suo impegno contro la fibrosi cistica non c’è a. Anzi, c’è il cuore e c’è la solidarietà dell’attore romano più amato che, qualche tempo fa, ha prestato voce e volto (imitando proprio il medico di “Viaggi di Nozze”) per le iniziative della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica. Nel penultimo appuntamento settimanale che Radio Cusano Campus, insieme allUniversità Niccolò Cusano e al Corriere dello Sport-Stadio, dedica a questa patologia, abbiamo raccolto proprio la testimonianza di Carlo Verdone, da sempre sensibile e ricettivo nell’aiutare chi soffre e nel promuovere e sensibilizzare il pubblico sull’importanza di sostenere la ricerca scientifica.

Perché ha scelto di sposare la causa della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica?

«È stato un amico giornalista a parlarmi della Fondazione. Conoscevo già un po’ la malattia ma mi sono documentato ulteriormente: è una patologia estremamente complessa, anche se col tempo si sono aperte prospettive per avere cure più appropriate e la stima di vita è salita».

Lei non si è mai tirato indietro quando si è trattato di iniziative di solidarietà.

«Sono sempre molto sensibile a queste tematiche. Avevo già collaborato con chi faceva ricerca contro il tumore al seno e per l’oncologia infantile ma anche in altri casi. Sempre, ovviamente, per solidarietà: credo sia una cosa giusta per chi è un personaggio famoso. Per uno come me, che ha sempre avuto un ottimo rapporto con il pubblico e gli deve molto, è anche un modo di ricambiare l’affetto. Devo fare i complimenti sinceri a Matteo Marzotto, il vicepresidente della Fondazione, per la passione e la serietà con cui si è messo in prima linea per la ricerca».

Quanto contano le campagne sociali?

«Purtroppo, la fibrosi cistica è una malattia non abbastanza conosciuta a livello mediatico. Quando si parla di fibrosi cistica, la maggior parte pensa erroneamente alle cisti. Invece è una complicazione più unica che rara. Ma di queste malattie si parla meno, perché sono meno comuni o sono apparentemente meno invasive. O forse perché, purtroppo, in alcuni casi entrano in ballo anche interessi economici. Esiste anche un’etica della ricerca e può migliorare».

Lei è sempre molto presente anche quando si parla di prevenzione.

«Mi sta estremamente a cuore questo tema, penso sia prioritario. Ho visto troppe persone care non raccogliere le sollecitazioni di un controllo, di un’analisi. E poi magari andarsene, soffrendo e facendo soffrire i propri parenti». 

Attori, showman ma anche calciatori e atleti. Quanto giudica importante che anche il mondo dello sport si metta al servizio della ricerca, come accade nella nostra iniziativa che vede la collaborazione dell’Università Niccolò Cusano e il Corriere dello Sport-Stadio?

«Se in molti, anche nel mondo dello sport, facessero ciò che faccio io ci sarebbe di sicuro un appoggio in più. Alcuni campioni stanno dando il buon esempio. Qui siamo a un livello importante di comunicazione del messaggio: se la celebrità dona gratuitamente il proprio volto, diventa un modello positivo e può promuovere con successo la ricerca scientifica».

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