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Coni-Sabelli, il momento di finirla

ANSA

Una cosa lo sport italiano ha saputo fare (quasi) sempre: differenziarsi dalla politica, addirittura dall’attività dei governi. A cominciare dalla durata dei medesimi. Onesti, Carraro, Gattai, Pescante, Petrucci e Malagò, 75 anni di gestione in sei - Grandi e Agabio solo per brevissimo tempo e da vicepresidenti reggenti - l’hanno guidato per periodi durante i quali si sono consumati a decine i governi del Paese, fin dai tempi di De Gasperi, passando attraverso personalità politiche di spicco. Spesso è venuta in mente agli sportivi l’opportunità di essere governati da un lider maximo e invece dalla fine dell’autonomia economica, il Totocalcio, è accaduto il contrario.

All’alba dei Giochi 2020 e con la prospettiva delle Olimpiadi invernali 2026 Malagò, Sabelli e il Petrucci fatalmente “recuperato” devono entrare nella casa della consapevolezza per garantire da subito un futuro più che sostenibile all’intero movimento: hanno l’occasione di dimostrare quanto l’esecutivo dello sport sia lontano dalle frammentazioni partitiche oggi incerte nella guida dell’Italia futura. Sappiano essere, i tre vip di recente registrati come l’un contro l’altro armato, compatti nella ricerca di soluzioni unanimi e il ministro Spadafora li accompagni verso l’unico traguardo auspicabile, quello dell’autonomia nell’unità. Giusto per distinguersi da chi li vuole divisi, per rispettare l’insegnamento di Giulio Onesti e per mantenere - scusate il tono aulico - libero sport in libero Stato.

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