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Lo slancio della speranza: verso il Giubileo dello sport… di corsa

Atlete e atleti di ieri, di oggi e di domani hanno condiviso le loro storie con Athletica Vaticana, a palazzo San Calisto

Esattamente un mese prima dell’appuntamento “sportivo” dell’Anno Santo (in calendario il 14 e il 15 giugno) - atlete e atleti di ieri, di oggi e di domani hanno condiviso le loro storie con Athletica Vaticana, a palazzo San Calisto.

Ricevendo simbolicamente il testimone dei valori da Pietro Mennea – indimenticato campione olimpico e a lungo primatista mondiale dei 200 metri, morto nel 2013, fa parte della cultura popolare non solo sportiva – che ha partecipato  da protagonista, anche come tedoforo, al Giubileo degli sportivi nel 1984 e nel 2000 con san Giovanni Paolo II.

«Un’esperienza di fraternità – fa presente Athletica Vaticana – per crescere nelle dimensioni del dialogo, del racconto, della corresponsabilità su questioni centrali come la pace, e del servizio reciproco sulle strade dei solidi valori sportivi: amicizia, lealtà, tenacia, spirito di gruppo, sacrificio, rispetto, solidarietà, inclusione, speranza».

Con Manuela Olivieri Mennea – moglie di Pietro e presidente della Fondazione a lui intitolata – hanno intrecciato il dialogo anzitutto Roberto Tozzi e Marisa Masullo, vere e proprie leggende della velocità. Tozzi, che ha vinto il bronzo nella staffetta 4x400 alle Olimpiadi di Mosca nel 1980 ed è poi stato campione europei sui 400 indoor nel 1984, oggi è direttore di banca: “Lo sport, con l’etica dell’allenamento – in questo campo Mennea era un asceta irraggiungibile - e attraverso le sconfitte, insegna a risollevarsi anche nella vita”. 

Dell’esperienza della “solitudine dell’atleta” ha parlato Masullo – un palmarès d’eccezione con 3 partecipazioni alle Olimpiadi – che oggi mette a disposizione dei più giovani la sua esperienza non solo tecnica con la visione di costruire una vita che vada oltre lo sport attraverso lo studio”. Mennea, è stato ricordato, aveva 4 lauree vissute anche come riscatto da origini semplici.

Quattro campioni di oggi hanno raccontato le loro storie prendendo spunto dalle scarpe povere e “e oggi improponibili” – portate dalla moglie Manuela proprio come testimonianza - con le quali Mennea ha realizzato il record del mondo (oggi ancora primato europeo) correndo i 200 metri in 19”72. Per Zaynab Dosso – originaria della Costa d’Avorio, primatista italiana nelle specialità di velocità, campionessa europea indoor e con medaglie mondiali – fare  “atletica significa esprimere me stessa e così sto imparando nella vita ad avere il coraggio di andare avanti, anche quando le cose vanno male. Per me è fondamentale aver incontrato persone che hanno creduto in me soprattutto quando io ero la prima a non farlo”. 

Le fa eco Fabrizio Donato, già campione europeo di salto triplo e bronzo olimpico a Londra 2012: “Oggi sono allenatore e sento fortemente la mia responsabilità tecnica e anche educativa. I fallimenti – chiamiamoli così – degli atleti che si sono affidati a me sono anzitutto i miei fallimenti. Nello sport non è sufficiente avere talento, c’è una dimensione umana, c’è un legame di amicizia centrata sui valori che supera il risultato”. 

E’ la storia di Andy Diaz, di origine cubana, anch’egli triplista: “Nel 2021 dormivo su un marciapiede di Roma in attesa di avere i documenti. Fabrizio mi ha aperto le porte di casa e mi ha accolto come uomo, prima anche che come atleta. Ho vinto il bronzo alle Olimpiadi di Parigi, poi gli europei e i mondiali indoor: ma non è solo una collezione di medaglie e successi, è una storia di vita condivisa di speranza”. 

Insieme con Donato e Diaz si allena Andrew Howe, 40 anni appena compiuti, medagliere internazionale di prim’ordine, ancora oggi in attività e primatista italiano nel salto in lungo: “Ho conosciuto Mennea e porto con me la sua tenace volontà di perseguire obiettivi nell’atletica e nella vita. Mi ha consigliato di essere umile, di prepararmi con allenamenti seri, di non guardare solo all’io ma anche al noi”.  

Particolarmente intense le voci del mondo paralimpico. Sara Vargetto, 16 anni, vive l’esperienza di Athletica Vaticana: “I medici mi hanno detto che non posso correre ma con la mia carrozzina corro e gioco a basket! Mi sento libera ed è il mio modo di dire… ce l’ho fatta”!”. Niccolò Pirosu, atleta non vedente, ha rilanciato “l’importanza della scuola, della cultura e dell’educazione insieme con la rete delle amicizia tra compagni di allenamento”. Mentre Maria Giorio, di origine venezuelana, ha con entusiasmo riaffermato che non si farà mai fermare dall’acondroplasia (lo sviluppo anomalo dello scheletro) e che proprio attraverso lo sport, in particolare il lancio del disco e del peso, ha ripreso la sua vita sostenendo progetti solidali per le persone più fragili. 

Un incontro che, nello stile di Athletica Vaticana, ha dato la parola alle atlete e agli atleti (presenti anche tanti sportivi amatoriali). “Oggi più che mai gli sportivi hanno un ruolo di ponte” ha fatto presente Loredana Minà che con il marito Gianni ha condiviso la passione per il giornalismo d’inchiesta. “Tra Jesse Owens ai Giochi di Berlino nel 1936 davanti a Hitler, passando per Tommie Smith e John Carlos, con il pugno verso l’alto, alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968, gli atleti possono denunciare le storture della società e sostenere i diritti umani con un linguaggio forte. Tra loro non sono nemici e sono per il confronto, non per lo scontro”.  

Appuntamento, ora, tra un mese - la mattina di sabato 14 giugno -  con il Giubileo dello sport che si aprirà, all’Augustinianum, con il convegno “Lo slancio della speranza” (ww.dce.va). 

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