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La cortesia che piace solo agli sponsor

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Leggi il commento al gesto di Van Aert nell'ultima edizione della Gand-Wevelgem

Quando Moreno Argentin scorgeva il traguardo, gli calava il tramonto sul pensiero: vedeva tutto rosso, buttava giù il rapporto e pestava. Nel 1992 arrivò a strappare una tappa della Tirreno-Adriatico al fedele Davide Cassani, che gliene aveva già servite calde due e ne restò talmente traumatizzato da diventare in seguito commentatore televisivo e ct della Nazionale. Nel 2002 Michael Schumacher a Indy aspettò Rubens Barrichello apparecchiando un arrivo in parata delle Ferrari. Barrichello non capì o capì troppo bene, allungò il muso di undici millesimi sulla linea d’arrivo e Schumacher, saputo dalla radio di aver perso, mescolò inferno e paradiso in una pioggia di contumelie. Poi scese dalla macchina e sorridendo disse che lo aveva fatto apposta.

Il gesto di Van Aert

E così via. Era sport, qualcosa di diverso dalla sportività. Il gesto di Van Aert, che peraltro visti i suoi risultati ai Mondiali su strada dovrebbe avere l’allergia ai secondi posti, è qualcosa di diverso. È protervia, superficialità, sindrome del samaritano, mancanza di rispetto nei confronti delle squadre avversarie, degli spettatori, della storia di una classica come la Gand-Wevelgem e persino nei confronti di Christophe Laporte, che dopo un paio di giorni di notorietà tornerà a tagliare il vento per conto terzi. Il superpotere dei grandi sponsor consiste nello spersonalizzare le vittorie, sovrapporre un marchio al nome. Con un Van Aert funziona, con i campioni è più difficile.

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