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Quell’oro ucraino una storia italiana

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Il pieno di emozioni in un giorno solo: è bello che il primo oro dell’Europeo porti la firma di Alberto Razzetti, conosciuto a bordo vasca (finalista olimpico, ori mondiali in vasca corta, scusate se è poco) ma che non corre il rischio di essere braccato dai fan se dovesse passeggiare per Roma. Perché dà la dimensione del fenomeno nuoto in Italia. A forza di ripetere che siamo uno squadrone c’è il rischio di dare tutto per scontato ma vincere non è mai facile e queste sono medaglie pesanti, che danno un senso di continuità al dopo Pellegrini, ieri in borghese, in formissima e applaudita nel suo giro d’onore. «Ora tocca a loro» aveva detto qualche giorno fa. L’hanno presa in parola. E lo stesso Razzetti aveva sintetizzato con grande lucidità il momento del nuoto italiano: Federica è stata il nostro Cristiano Ronaldo ma noi ormai siamo il Real Madrid. Aveva ragione, c’è una squadra che va oltre il singolo campione, si esalta, vince, piace. E cresce. Perché siamo soltanto all’inizio e i grandi calibri entreranno in acqua soltanto oggi. Ed è bello - si può dire? - che l’Italia del sincro non abbia vinto la medaglia d’oro ma quella d’argento. Perché il titolo europeo è andato all’Ucraina che la federnuoto ha letteralmente strappato alla guerra con un’operazione da 007 qualche mese fa. La sta ospitando, le ha fatte allenare: ieri queste ragazze, arrivate in Italia in pullman, stravolte, in lacrime hanno potuto nuovamente sorridere e le azzurre con loro. Il pieno di emozioni in un giorno solo.

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