«A Nino mandiamo un forte abbraccio e un bacio. Lo stesso bacio che lui, nel Duomo di Pontedera il 24 agosto di cinque anni fa, dette a nostro padre poco prima della chiusura della bara». David e Simone, i figli di Sandro Mazzinghi, martedì hanno appreso della morte di Benvenuti verso le 16, dal sito on line del Corriere dello Sport-Stadio. «Ci siamo guardati negli occhi - dicono - e ci siamo commossi. Perché la nostra storia, la storia della nostra famiglia, si è intrecciata per oltre sessant’anni con quella di Benvenuti. Siamo cresciuti a pane e pugilato, ma anche tra polemiche e mancate riappacificazioni. Ricordo che nel 2018 babbo telefonò a Nino che era appena stato operato: quella fu la svolta nel loro rapporto, fu anche più di un “armistizio”, perché in fondo la loro rivalità si fondava su un profondo rispetto reciproco. E quelle parole scritte che Giovanni vergò il 23 agosto 2020 sul registro delle presenze alle esequie di Sandro (“Sei sempre lo stesso, ti voglio bene!”) ci sono rimaste dentro, ci toccano ancora, un altro motivo della nostra emozione e commozione. Domani (oggi, ndr) sarò a Roma a salutarlo, mio fratello si sacrificherà per me in negozio».
La rivalità tra Benvenuti e Mazzinghi
David, il maggiore, nato nel 1970, cinque anni dopo il primo match in cui Nino strappò la corona a Sandro, ci rivela un episodio inedito. «In pochi lo sanno, ma nostro padre e Nino si erano già affrontati nel 1961, durante il servizio di leva e da lì iniziò la rivalità, perché avevano due caratteri diametralmente opposti. Sandro sempre serio, concentrato e anche un po’ permaloso. Nino sorridente, burlone con la battuta pronta. La verità? Non si sopportavano già da allora ben prima di sapere quello che sarebbe successo pochi anni dopo». «Mio padre - racconta David - arrivò al primo incontro con Nino Benvenuti in una condizione precaria. Era campione del mondo in carica (aveva battuto Ralph Dupas, ndr) ma non aveva smaltito un drammatico incidente stradale, nel quale morì sua moglie, sposata 21 giorni prima. Riportò riportò una frattura cranica e altre gravi ferite. Era provato nel fisico ma soprattutto a livello psicologico: e sai quante volte ce lo ha raccontato che in palestra non si sentiva più lo stesso che avrebbe avuto bisogno di tempo per ritrovarsi. Però trascorsi 6 mesi doveva mettere il titolo in palio: chiese una deroga, non fu né ascoltato, né supportato da alcuno. E il 17 dicembre 1965 Nino prevalse, mio padre andò ko, nonostante nei primi round si fosse fatto valere. Le polemiche furono roventi, Sandro non digerì la sconfitta perché sosteneva che lo avevano costretto a combattere sapendo che non era in condizione».
Il secondo match
Il secondo match. Benvenuti concede la rivincita il 18 giugno 1965. Quindici riprese intense, anche drammatiche. Il triestino prevale ancora, ai punti. «Ho visto e rivisto l’incontro - sottolinea David - ha ragione mio padre. Ai punti avrebbe dovuto vincere lui che tra l’altro su 15 riprese se ne era aggiudicate almeno 10, se non 11. Ci volle un’ora - sottolinea David - prima che i giudici emettessero il verdetto. Mio padre anche a distanza di decenni s’infervorava, non ha mai digerito quella che fu una ingiustizia».
La sua rivincita
David riprende: «Però poi il titolo mondiale dei medi junior se lo andò a riprendere tre anni dopo proprio contro il temibile coreano Ki-Soo Kim, che aveva detronizzato Benvenuti, in un match che fece epoca. Quello fu il suo riscatto, il sigillo alla carriera. Perché non ci fu il terzo match con Nino? Non l’abbiamo mai saputo. Magari quei due Grandi ora lo faranno lassù sul “Tetto del Mondo” (è il titolo di uno dei libri scritti da Mazzinghi, ndr). Il verdetto? “Ti rispondo con le dolci parole di Jim Morrison. A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato”».