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Rugby, Brunel ai saluti: "Italia, forse ho sbagliato"

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Il bilancio dell'ex c.t. azzurro: "Non so se è stato giusto tentare di dare alla Nazionale un gioco diverso. Ma ho lanciato 43 esordienti". Venerdì l'annuncio di O'Shea"

Una conferenza stampa a Milano per tracciare un bilancio e salutare l’Italia. Jacques Brunel chiude in sordina la sua esperienza azzurra, lanciata tra squilli di tromba quattro anni e mezzo fa a Bologna. “Pronti a vincere il Sei Nazioni nei prossimi due-tre anni” annunciò. Nulla di tutto questo. Due stagioni positive (le prime), con il fiore all’occhiello del 2013 (due vittorie e un pari sfiorato a Twickenham) poi un lento declino, punteggiato di sconfitte e delusioni (su tutte il primo ko contro il Giappone e due cucchiai di legno). Conclude con il 22% di vittorie, sulla falsariga del suo predecessore Nick Mallett (21,4%), ma lontanissimo dal biennio dell'ultimo c.t. francese, Pierre Berbizier (2006-07; 41,9%).
    “All'esperienza di questi quattro anni in Italia posso mettere voto 10, ho girato per il Paese fino alla Sicilia e alla Sardegna e ho trovato persone di qualità - riassume Brunel, che andrà ad allenare gli avanti del Begles-Bordeaux in Top 14 - Non posso dare 10 ai risultati perché non coincidono con le ambizioni che avevo”. Onesto e realista.

EREDITA' - “Ho cercato di dare all'Italia l'ambizione di un gioco diverso, forse qui ho sbagliato - ha aggiunto Brunel -  L'eredità che sento di aver lasciato è anche quella dei 43 esordienti lanciati in quattro anni”.
    “Nell’ultimo Sei Nazioni abbiamo fatto debuttare 12 ragazzi e abbiamo avuto 18 infortuni. L’Italia non dispone di una rosa sufficiente, sarà importante allargarla - sottolinea il presidente federale Alfredo Gavazzi, ribadendo alcuni concetti già espressi sabato sera, nella pancia del Millennium dopo la disfatta contro il Galles - E’ finita la stagione dei ragazzi argentini (leggi oriundi; ndr) e ora dobbiamo puntare sui nostri”. Ma sono ancora troppo pochi.
    Brunel ha spiegato che la convocazione non può prescindere da uno standard fisico che permetta di giocare una partita internazionale e di essere titolari nel proprio club. E con questi parametri il numero dei papabili si riduce ulteriormente. “E’ per questo che ho dovuto escludere ragazzi come Bacchin, Venditti, Benvenuti o Ragusi, a cui si aggiungono le rinunce di Simone Favaro e Aguero, che un posto lo avrebbero avuto”.

O'SHEA - Per dare una svolta, ammette Gavazzi, servirebbe la terza franchigia celtica, “che non può che stare a Roma, ma ci vorrebbero 4 milioni di euro e la Federazione oggi non li ha. Ci arriveremo”. Intanto “Benetton ha cambiato strategie e ora collabora con noi. Anche loro sono dell'idea di puntare sugli italiani. Poi abbiamo fatto un accordo con la Scozia sugli emergenti, per organizzare due partite a settembre, due a novembre e due durante il Sei Nazioni”.
    Ora si volta pagina. Ad aprile l’inglese Mike Catt comincerà a lavorare alla nuova Nazionale, preparando la strada all’arrivo del nuovo “director of rugby”, Conor O’Shea, impegnato sino a fine stagione con gli Harlequins. L’annuncio ufficiale del suo ingaggio è previsto venerdì.

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