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Sei Nazioni: l’Italia c’è, ma riparte da zero

Leggi il commento al debutto azzurro contro la Francia

Trent’anni fa era un sogno, cullato dalla calda voce di Paolo Rosi. Vent’anni fa era il piacere della scoperta, mentre ascoltavamo “Swing low, sweet chariot” nel tempio di Twickenham o “Flowers of Scotland nel gelo di Murrayfield. Dieci anni fa sembrava il paradiso, mentre lasciavamo l’Olimpico a capo di un torneo (per noi) trionfale, con le vittorie, e che vittorie!, su Francia e Irlanda. Da allora è stato un incubo, un tunnel punteggiato di 36 sconfitte consecutive, a tratti con prestazioni e punteggi umilianti. 

Il Sei Nazioni che sta per cominciare può essere quello della rinascita, sull’onda dell’impresa di Cardiff e di un autunno in cui l’Italia è stata squadra rivelazione, con i 50 punti rifilati alle Samoa e la prima, storica vittoria sui Wallabies. Rivelazione nei risultati e nel gioco, arioso, a tratti spumeggiante, esaltato dai garretti esplosivi e dall’intelligenza tattica di Ange Capuozzo, “rivelazione dell’anno”. 
Sull’onda di quei successi, ma anche dei primi 50 minuti contro gli Springboks iridati, Lamaro e i suoi pards affrontano la nuova avventura nel torneo più antico (data di nascita 1883) e prestigioso del mondo. Con la consapevolezza che nulla è dovuto, l’autunno è lontano e i rivali - tutti più forti e blasonati di noi - ci avranno studiato per bene. Il discorso sulle due, tre o millanta vittorie è pericoloso e fuorviante. Anche una sola sarà un’impresa straordinaria. Questo è il Sei Nazioni, baby. 

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