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Massimina, Centanni: «Resto un uomo di campo»

Il responsabile tecnico: «Per noi è stato l'anno zero, abbiamo resettato tutto. La strada è ancora lunga, ma i risultati ci fanno ben sperare»

Roma - Non va più in panchina, ma non per questo vuole sedersi dietro ad una scrivania. Patrizio Centanni, responsabile tecnico del Massimina ci tiene a precisarlo. Il suo ruolo è cambiato, ma è sempre legato al campo, agli allenamenti, al pallone che rotola. Con lui il club biancorosso ha fatto un ulteriore passo in avanti in direzione di quella crescita esponenziale che lo porterà ad essere tra i migliori del panorama capitolino e laziale. Con lui abbiamo fatto un bilancio del lavoro svolto “Prendendo coscienza del punto di partenza dal quale abbiamo iniziato la stagione, avendo dovuto ricreare praticamente tutto, per il Massimina questo è stato un anno zero. Partendo da questo presupposto mi ritengo quindi molto soddisfatto. La strada da fare è ancora molta, ma i numeri ed i risultati ottenuti ci fanno ben sperare. Siamo ancora in corsa per salvare le due categorie Regionali, stanno crescendo i due gruppi Fascia B e la società ha fatto tanti sforzi per creare un ambiente in cui tutto funzioni nel migliore dei modi, sia sul lato calcistico che su quello dell’accoglienza. Dobbiamo quindi continuare con calma sulla strada intrapresa e secondo me nel giro di 3-4 anni diventeremo una società di medio livello nel Lazio” Dopo tanti anni in panchina ora ha un ruolo diverso: com’è cambiato Patrizio Centanni? “Questa mia esperienza non è nuova, l’ho fatta anche all’Urbetevere. Non sono un uomo da scrivania e quindi vivo costantemente il campo con i ragazzi e con gli allenatori. Con loro ho un ottimo rapporto. Un allenatore giovane, come ce ne sono qui al Massimina, deve avere la disponibilità e la voglia di apprendere e ad ascoltare. In questo modo ha grandi margini di miglioramento. Per fortuna qui funziona così. Il calcio va seguito e studiato costantemente ed il confronto ti fa crescere. Anche io lo faccio dopo 36 anni, e non lo dico per vantarmi, ma lo faccio perché è una necessità. Se si vuole stare al passo coi tempi e si vuole crescere. Soprattutto nel settore giovanile: i giovani devono essere seguiti con dovizia di particolari, con attenzione e con amore. Uso un termine che magari per alcuni è fuori luogo, ma io penso che l’emotività vada messa al primo posto”.

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