ROMA - Gianluca Pessotto, Team Manager della Primavera della Juventus, a quasi dieci anni dal drammatico incidente, si racconta in esclusiva questa sera, alle ore 18.55, a Sport 2000, il programma sportivo di Tv2000.
Questi i passaggi fondamentali dell’intervista rilasciata a Giampiero Spirito.
Salvato dal Cielo. Ci ho pensato molto. Se davvero c’è stato lassù un disegno positivo per me, ne devo approfittare assolutamente. Di sicuro c’è in me l’immagine che mi abbiano ripreso per i capelli… anche se pochi!
Non credo che sia tutto predeterminato, ma credo che ci sia un progetto su ciascuno di noi e che ci sia anche del nostro, delle nostre scelte. Quando si parla di fortuna, a volte diventa un alibi, invece un po’ bisogna anche cercarsela. A volte viene, a volte no, ma è importante avere uno spirito positivo, cercare di fare qualcosa di buono, non tanto per se stessi, quando per gli altri, a maggior ragione in un gioco di squadra.
La fede. La fede mi ha accompagnato in tutto il mio percorso anche perché la mia famiglia mi ha insegnato questo. Nei limiti di un mondo che viaggia alla velocità della luce ho sempre cercato di fare qualcosa e quindi probabilmente il mio percorso allora non era stato completato. C’è ancora tanto da dare.
La vita ti mette a dura prova. A volte ti mette di fronte a delle prove che non ti aspetti, ma stai a noi vivere meglio prima e vivere meglio dopo. A volte succedono delle cose che non si possono preventivare. L’importante è continuare dare tutto quello che uno ha dentro con amore, con determinazione, con passione, senza pensare a se stessi, e poi quello che il cielo ti dà in più, è tutto di guadagnato.
La Coppa del Mondo in ospedale. Quando i giocatori della Nazionale hanno portato in ospedale la Coppa del Mondo, è stato per me un momento molto importante. È stato un gesto di grande affetto che il mio mondo mi ha tributato. Io non l’ho visto, me lo hanno raccontato dopo. È stata molto bella anche la reazione incredula dei medici e dei pazienti ricoverati con me in ospedale. Un’emozione unica.
I cori allo stadio. I cori contro di me negli stadi? Provo amarezza perché io amo questo sport, amo il calcio, e mi immagino utopisticamente uno stadio pieno di bambini che tifano per la propria squadra, mischiati, senza problemi. L’amarezza quindi di vedere che tante persone non amano il calcio quanto lo amiamo noi e che provano a rovinarlo, ma alla fine faranno un danno solo a se stessi perché la bontà delle persone è superiore alla cattiveria. La cosa che mi fa sorridere è che ho ricevuto più cori contro quando ho smesso di giocare rispetto a quando giocavo. Di questo non riesco a capacitarmi perché da giocatore ero apprezzato trasversalmente da tutte le tifoserie, anche nei momenti più difficili della mia carriera. Oggi pensano di colpire la Juventus attaccando me.
Papa Francesco. Ho il desiderio di incontrare papa Francesco, di vederlo da vicino. Ho avuto il piacere di incontrare papa Wojtyla durante il Giubileo del 2000 ed è stata un’esperienza unica. Papa Francesco gli si avvicina molto per carisma, umiltà, dolcezza e quindi mi auguro che anche lui riesca a trasmettere questi valori che sono fondamentali e penso ci riuscirà perché è molto determinato. Però la cosa più bella in assoluto è la dolcezza e l’umiltà che ha negli occhi e nel modo di parlare alla gente. Viene voglia di aiutare e di farsi aiutare.
La rinascita della Juventus. Credo che la Juventus, soprattutto in questo momento, sia un esempio. Al di là del risultato sportivo, che è l’apice, si leggono tra le righe tanti elogi per il suo percorso: quello che è riuscita a fare dal 2006 è incredibile. Lo dico non da juventino, ma avendo lavorato all’interno in questi anni, perché una società distrutta è riuscita in poco tempo a tornare in vetta in Italia e giocarsi oggi la semifinale di Champions League attraverso un percorso molto difficile, in un momento economico complicato, ed è riuscita a progettare lo stadio, il nuovo centro sportivo, il museo, il college, con coraggio. Al di là dell’invidia, del rancore, dell’odio, deve essere uno stimolo per tutte le società. Senza questa base non puoi competere per vincere, non solo in Italia. L’ambizione deve essere competere in Europa e nel mondo.
Il settore giovanile. Nel settore giovanile della Juventus abbiamo molta considerazione delle regole di squadra, per il rispetto, la determinazione, la voglia di crescere e di imparare, l’umiltà, che sono principi fondamentali anche al di fuori dello sport. Il mio ruolo di dirigente del settore giovanile è fondamentale da questo punto di vista: il nostro compito è preservare i giovani che non faranno i calciatori perché pochi di loro diventeranno dei professionisti ad alto livello. Noi dobbiamo tutelare tutti gli altri. In questo modo, però, aiutiamo a gestire la loro carriera i pochi che ce la faranno.
Corriere dello Sport
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