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La nuova frontiera: dalla A alla D, come passa lo straniero!

Capitali esteri nel calcio italiano: dagli States a Oriente 

ROMA - Hai voluto il villaggio globale? E allora non stupirti se un cinese compra il Milan. Il mondo è un pianerottolo, siamo tutti vicini di casa. La serie A è ancora un buon affare, non lamentiamoci se - al netto dei farlocchi, furfanti e pescivendoli che purtroppo si sono affacciati da queste parti anche in tempi recenti - esiste qualcuno pronto ad investire e ci viene a dire che la tendenza è quella. Pallotta, Thohir, Saputo. Roma, Inter, Bologna. La nobiltà, ventotto scudetti in tutto. E scendendo: Noordin a Bari. E poi Tacopina a Venezia, Xiadong Zu a Pavia.

C’è posto per tutti. Del resto, quando abbiamo cominciato a giocare a calcio, nel nostro cortile, gli stranieri erano già di casa. Si chiamava Charles De Grave Sells, era un inglese, e nel 1893, anno di fondazione del Genoa and Cricket Football Club, fu il primo presidente della storia del nostro calcio. Il Milan che oggi vira ad Oriente (Cinanello?), deve la nascita ad Alfred Edwards. E il Bologna ha consegnato i suoi sogni di gloria al re delle mozzarelle, al secolo Joey Saputo, italocanadese figlio di un emigrante che da Montelepre partì per Montreal e fece fortuna, uno - Joey - che in un anno ha già investito settanta milioni e conta di rifare il look al Dall’Ara; appunto: anche il Bologna ha avuto come primo presidente uno straniero, tale Louis Rauch, un odontoiatra tedesco che - era tedesco - pretendeva di pagare il biglietto d’entrata allo stadio.

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