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Ranieri esclusivo: «La Nazionale? Sarei orgoglioso»

Dall'Italia alla Roma passando per il Leicester, l'allenatore del Nantes si racconta. Ecco l'intervista completa rilasciata al corrieredellosport.it

A TUTTO LEICESTER - Un traguardo che King Claudio è riuscito ad ottenere a Leicester, un club che due anni prima era in Championship (la nostra Serie B), grazie agli ingredienti giusti e combinati tra loro come «sacrificio al lavoro, cercare di migliorarsi sempre ed avere un carattere dominante». E' questo il segreto di Claudio Ranieri: «Anche se molti nel calcio pensano che il possesso palla sia da dominanti. Io non la vedo così. Per me vanno sfruttate al meglio le qualità dei giocatori, bisogna adattarsi a loro. Il successo è arrivato dall’aver messo insieme tutte queste cose, oltre all’aver cambiato lo schema di gioco. Prima del mio arrivo si giocava con la difesa a cinque, mentre io l’ho riportata a quattro e, soprattutto, sono riuscito a trovare una posizione giusta per Mahrez, il giocatore con più qualità in squadra. Stesso discorso va fatto per Vardy, che faceva della velocità la sua dote principale e Kanté; preso come riserva, si è ritagliato un posto importante da titolare. Il successo, quindi, è stato un insieme di componenti sui quali abbiamo lavorato tantissimo. E poi l’annata è stata straordinaria, un po’ come succede col vino. Fai sempre le stesse cose, ma magari quella è stata la vendemmia perfetta». Ed anche il tifo ha fatto la sua parte. «Quando venne Guidolin – prosegue Ranieri -, che allenava lo Swansea, perse contro di noi e disse: “Ora capisco perché il Leicester è così”. Oltre al nostro gioco, era rimasto impressionato dal calore del pubblico; c’era unità d’intenti tra tifo e squadra. Mi hanno riferito che, tuttora, durante le partite in casa, i tifosi cantano il mio nome. Mi dicevano “hai fatto capire al mondo dove si trova Leicester”». E poi svela un aneddoto che non ha mai raccontato a nessuno: «Avevamo tre partite di fila contro Liverpool, Manchester City ed Arsenal. In squadra si diceva “chissà quanti punti faremo” con i ragazzi che mi chiedevano “quanti giorni di vacanza ci dà se le vinciamo tutte?”, visto che dopo l’ultima partita c’era la pausa per le Nazionali. Con l’Arsenal, in 10 contro 11, perdemmo solamente all’ultimo minuto di recupero (al 95', gol di Welbeck), ma per me, visto l’impegno che avevano profuso i ragazzi, è come se avessimo ottenuto un buon risultato. Per questo motivo, in vista della pausa, gli diedi il massimo dei giorni che avevamo stabilito. Questo penso sia l’aneddoto clou che c’è stato con il Leicester. Quando tutti ci dicevano che prima o poi saremmo crollati, o fisicamente o mentalmente, io ho sempre cercato di tranquillizzare l’ambiente per far giocare i ragazzi al massimo delle loro potenzialità». Poi è arrivato l'esonero. «Il secondo anno – continua Ranieri - è successo quello che io dico sempre. Quando una squadra va a giocare per la prima volta in Europa, paga lo scotto in campionato. Vuoi o non vuoi, perdi energie fisiche e mentali, proprio perché i calciatori sono motivati al 100% in questa prima esperienza internazionale della loro vita. Le partite in Champions League le abbiamo fatte benissimo, ma in Premier perdevamo qualcosa. Contro le grandi giocavamo da Leicester, mentre con le piccole non avevamo più grande determinazione e perdevamo punti preziosi. Sono rimasto male solo per una cosa: l’allenatore prima di me era stato mandato via dopo 7 sconfitte, mentre io ero arrivato a 6 con la Champions. Magari qualcosa in più potevano concedermi, ma anche questo fa parte del mio magnifico lavoro».

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