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Brescia, Cellino: «Sono tornato, ci vediamo in serie A»

LaPresse / Stefano Cavicchi
Dopo 22 stagioni al Cagliari e 3 al Leeds, l’uomo che ha portato i sardi sino a una semifinale Uefa è ripartito da Brescia e si è messo in testa un’idea meravigliosa

BRESCIA - È tornato. E’ sempre lui. Non è cambiato per nulla. Buon segno per il Brescia e non solo per il Brescia che ha rilevato nell’agosto scorso e oggi è sedicesimo in serie B, quattro punti sopra la zona calda, ma con una partita da recuperare. «In sei mesi ho salvato il club e ho gettato le basi del risanamento. Le dico sin d’ora che il Brescia è sano. Oggi conta conquistare la salvezza, mantenere la serie B: se ci riusciremo, e ci riusciremo, domani potremo rialzare la testa. Non vedo l’ora di sfidare l’Atalanta del mio amico Antonio Percassi che a 50 km da qui sta facendo cose meravigliose. Ci rivedremo in serie A». Massimo Cellino ha soltanto sessantun anni, ma del nostro calcio è il giovane patriarca. L’ossimoro è legittimato dai ventidue anni di presidenza del Cagliari, record assoluto di longevità dirigenziale rossoblù, cui si sono aggiunte le tre stagioni a Leeds, prima del rientro in Italia, atterraggio a Brescia.

BAGGIO E GUARDIOLA - Qui sono andati in paradiso nell’età aurea dell’indimenticabile Gino Corioni (1937 - 2016), prima presidente dell’Ospitaletto, poi consigliere del Milan, presidente del Bologna portato in A e in Coppa Uefa e, infine, per 23 anni presidente del Brescia, esaltato da Carlo Mazzone e Roberto Baggio. Senza dimenticare Guardiola, Toni, Hamsík, Diamanti, Hagi, Pirlo. I ritratti di Baggio e Guardiola occhieggiano dalle pareti dell’elegante sede sociale. Cellino ricorda: «Sono stato amico di Corioni, un grande predecessore che al Brescia ha dato tutto ciò che aveva e nella storia del Brescia rimarrà per sempre». La malattia che Corioni ha combattuto con straordinario coraggio sino alla fine e la crisi di liquidità che ha colpito il club nel 2014, hanno accelerato il cambio, i cui registi sono stati Ubi Banca e il presidente degli industriali Marco Bonometti.

IL SEGNO DELLA CROCE - La fiduciaria milanese Profida ha preceduto l’avvento di Cellino. Lui si definisce «presidente professionista». E racconta: «Dopo avere lasciato il Leeds perché non potevo più permettermelo, avevo deciso di dedicarmi a mia moglie e ai miei figli per dimostrare loro che non sarei stato più un papà assente. Mi hanno interpellato per acquistare il Genoa e il Verona, sino a quando l’avvocato Bruno Ghilardi, con il quale intrattengo ottimi rapporti dai tempi in cui mi accompagnava in Lega, mi ha parlato della situazione del Brescia. Sono venuto, ho studiato i conti, ho deciso. Il Brescia ha tutto: la storia, la tradizione, il prestigio, il vivaio, i campioni passati qui, ma soprattutto i tifosi: sono eccezionali. Non hanno mai mollato la squadra, in particolare negli ultimi, difficili anni. Ho conosciuto gli ultrà: gente sana, gente vera, gente capace di sentimento. Con loro ho parlato chiaro sin dall’inizio. Ho spiegato in quali condizioni fosse la società quando sono arrivato e quando, non appena visto l’organico, mi sono fatto il segno della croce. Troppi giocatori in prestito: una squadra forte, di prestiti ne deve avere pochi. Anzi, non deve averne nessuno».

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