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Dopo Cutrone, via anche Kean: l'inutile lezione del ct Mancini

Poco più di un anno fa, dopo le prime convocazioni, quasi tutti dettero del matto a Roberto Mancini, un ct troppo rivoluzionario per essere compreso dal nostro calcio, ancora ferito e umiliato dall’esito delle qualificazioni per i mondiali russi. Si era permesso di chiamare un giovane della Roma che Di Francesco ancora non aveva fatto debuttare in prima squadra e che l’Inter aveva regalato per garantire Nainggolan a Spalletti: Nicolò Zaniolo. Lo aveva visto giocare ed era riuscito a scoprire delle qualità che altri non avevano colto, poi il ct è andato avanti e ha continuato a chiamare tantissimi baby, nonostante la sua prima Italia non avesse incantato. Uno di loro, Moise Kean, è riuscito persino a debuttare e a segnare due gol diventando, potenzialmente, il centravanti del futuro. Appunto, il futuro: Mancini è partito con un progetto a lunga scadenza, quello di vincere i Mondiali del 2022, e per realizzarlo ha deciso di pagare magari un conto salato in avvio pur di avere un vantaggio più avanti, costruendo la Nazionale sui nostri millennials più forti e promettenti. Senza paura, anzi, con molto coraggio: Chiellini, il vecchio gladiatore, con Kean. Il gigante e il bambino, il vecchio e il nipotino, la mela matura e la pera acerba. E visti i risultati, pensiamo che Mancini abbia preso la strada giusta, resistendo alle prime critiche e alle pressioni di club anche di grande livello.

Il nostro calcio, invece, continua a essere quello vecchio, che non guarda avanti e a cui il futuro fa paura: è costretto a vincere, il prima possibile, meglio oggi che domani e allora chissenefrega dei giovani talenti, meglio andare a comprare attaccanti forti ed esperti, oppure giovani, sì, ma stranieri così magari qualche tifoso abbocca e si abbona. Pochi giorni e se ne sono andati dal nostro campionato due giovanissimi azzurri e un giovane già affermato, sulla carta potrebbero addirittura essere gli attaccanti titolari dell’Italia in Qatar: Kean, Cutrone ed El Shaarawy.

A chi non piacerebbe un attacco così forte e imprevedibile? Ai nostri club, di certo no: meglio mandarli via, fare soldi e creare plusvalenze. Pensate alla Juve, che sulla carta è davanti a tutti e ha appena assunto un maestro di calcio come Sarri: perché deve vendere Kean per investire più del doppio su Lukaku dopo che ha già preso Ronaldo? E perché il Milan deve svendere Cutrone per portare Leão in Italia a cifre molto vicine a quelle che aveva appena investito da poco su André Silva, il simbolo del flop rossonero? Per il solito motivo: la fretta di vincere senza costruire, programmare e investire sui giovani talenti, ormai diventati solo delle potenziali plusvalenze con cui salvare i bilanci di gestioni spesso catastrofi che. Eppure Mancini aveva già dato una lezione a tutti, si possono aspettare i giovani e arrivare primi con loro: una lezione inutile, speriamo non per sempre.

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