La politica stamane mostra al Paese che cos’è lo Sport di Stato. Al Foro Italico il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e il presidente di Sport e Salute Rocco Sabelli dividono con le federazioni la torta di 470 milioni di euro “stornati” per legge dalle casse del Coni e portati sotto il controllo del governo. Nello stesso Palazzo il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che alla prima riunione non è invitato, incontra i presidenti di Lombardia e Veneto, Fontana e Zaia, e i sindaci di Milano e Cortina, Sala e Ghedina, per definire la governance delle Olimpiadi invernali 2026. Un conflitto senza precedenti spacca lo Sport italiano e dimostra quanto invasiva sia la riforma che ha assegnato alla mano pubblica settori che, in democrazia, sono simboli e spazi dell’autonomia privata e della sussidiarietà. È grave che ciò sia accaduto nell’indifferenza della politica e dei media. Ed è gravissimo che un arcipelago di federazioni rissose e divise, sperando di spuntare un dividendo in più, abbia abboccato al canto delle nuove sirene. L’effetto di questo strisciante statalismo sarà l’isolamento dell’Italia anche nel contesto sportivo internazionale. Dove Giorgetti e Sabelli constateranno che il Comitato Olimpico non dialoga con i governi, ma con i referenti delle istituzioni sportive. La crociata di Malagò, che ieri in audizione al Senato ha criticato la riforma leghista, è una strenua resistenza della democrazia liberale. Come tutte le cause perse, non muove al coraggio chi il coraggio non ha, ma merita rispetto.
Corriere dello Sport
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