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Covid, quelli che senza ripartenza possono perdere il lavoro

Ci sono un medico, quattro fisioterapisti, un magazziniere, una steward e il custode di un campo di periferia che… no, non è l’incipit di una barzelletta, magari lo fosse: è, purtroppo, l’inizio di più drammi personali da evitare.

Da settimane ricordiamo che il calcio professionistico garantisce uno stipendio a oltre 56mila uomini e donne, oggi abbiamo voluto dare un volto a quei lavoratori raccontando cinque storie legate da un unico filo, cinque esistenze che dal calcio dipendono e per le quali è giusto ripartire.

Il primo è Riccardo Saporiti, ex Samp, medico sociale dell’Entella, serie B: uscito dalla quarantena, è andato nel Basso Piemonte a curare i malati, oggi è diviso tra la voglia di tornare con la squadra e il timore di perdere il posto. Preoccupazione che condivide con il magazziniere del Frosinone, particolarmente amato dai calciatori allenati da Nesta, una presenza familiare. Figure altrettanto importanti sono i fisioterapisti del Parma - Balotta, Toma, Soda e Benecchi -, pronti a lanciare insieme un messaggio di fiducia e coraggio.

Colpisce la storia di Orietta Loddi, decana dell’Olimpico, tra le prime a svolgere il ruolo di steward. Infine Cristiano, custode di un campo della periferia di Roma dove gioca il Savio, società che si occupa prevalentemente di calcio giovanile: romeno, da quindici anni vede crescere ragazzi, speranze, illusioni, passioni. Ha un contratto regolare, è senza casa.

Anche questo è il calcio, un insieme di vite dentro il grande romanzo dei campioni. Ecco allora la ripartenza come necessità, l’importanza di tornare a far girare il pallone e circolare il denaro che a fine mese non significa milioni, ma poco più di mille euro. Abbiamo segnalato storie minime perché, se ho ben capito, già incombe il disegno di un futuro a dir poco apocalittico nel quale si perderebbero subito i piccoli sentimenti, quelli umani, sostituiti dall’egoismo così ben raccontato dalla fantascienza: un regno della Mente e della Forza. Quello che c’è da fare, facciamolo subito. Dopo il passaggio doloroso di virologi, epidemiologi e tuttologi è il momento – ve ne siete accorti? - dei futurologi e non ce n’è uno allegro, tutte cassandre forse sollecitate dall’astronauta che già a novembre sapeva del coronavirus, come la mezza dozzina di Nostradamus a piede libero capeggiati da un insolito Frate Indovino, Massimo Cacciari.

È invece ora di sentirsi bene, liberi, rasserenati, positivi, pronti a ripercorrere antiche e nuove strade con un sentimento che riduca le distanze sociali, la solidarietà. Dicono che sia il massimo, il traguardo più ambito per gli uomini di sport.

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