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Fabio Cannavaro esclusivo: "Juve-Napoli? Gattuso merita un trofeo"

In carriera ha indossato l’azzurro e il bianconero. Conosce benissimo entrambe le squadre

Sarà una notte lunga e tormentata, ma andrà vissuta sgranando gli occhi su quel mondo ch’è suo più di chiunque altro: e quando suonerà la sveglia e saranno le tre e Canton ancora (e giustamente) si troverà immersa nel sonno, Fabio Cannavaro si accomoderà in poltrona, bloccherà la sveglia e resterà lì a guardare se stesso, le sue 68 partite con il Napoli, le 128 con la Juventus, il profilo de «la Loggetta», quello della Mole Antonelliana, un universo che gli è appartenuto e che non si perderà nelle ombre cinesi. Il calcio è ricomparso, in Italia, mentre in Cina ondeggia nell’oscurità, lasciando che il football resti appesi ad un filo: l’ultima volta che il Guangzhou Evergrande è sceso ufficialmente in campo, sa di ricordo gioioso e però sbiadito. Era il 2 dicembre e fu una festa, per quel titolo che Cannavaro ora vorrebbe difendere, ma non si sa dove e non si quando. Poi sono state amichevoli, una dietro l’altra, e una vaghezza che stordisce, con gli effetti postumi di una pandemia che ha lasciato il segno: hanno poggiato il pallone a bordo campo, confuso tra date e formule misteriose. E intanto, nell’attesa, ci sono ancora calciatori - due brasiliani - che devono rientrare e segnali di ripresa che non s’avvertono.

Napoli-Juventus è un boccata di calcio che Fabio Cannavaro insegue, con quella voracità che gli è rimasta dentro: perché un Pallone d’oro (e un Mondiale e gli scudetti e le coppe e quattordici trofei) non l’hanno ancora saziato. «Io vivo in una realtà straordinaria, di cui forse non si ha percezione altrove. E allenare mi piace. Aspettiamo che la Federazione si esprima e dìa il via libera. C’è stata una iniziale proposta di istituire due gironi da otto squadre, con mini-tornei da giocare a Guangzhou e a Shangai. Poi, con i nuovi casi di virus a Pechino, non abbiamo registrato evoluzioni: c’è chi dice che si comincerà a luglio, ma se non arriveranno decisioni non restiamo nella incertezza. E intanto tengo sulla corda questi ragazzi che per me sono speciali, perché non è semplice prepararsi senza avere una scadenza dinnanzi». Sul tavolo, ci sono i segreti del suo Guangzhou, le tabelle per la preparazione, le innovazioni tattiche da apportare: in Italia è pieno pomeriggio, ma in Cina non si dorme e si aspetta il 17 giugno, quando Fabio Cannavaro si proietterà in se stesso, vivendo ciò che confessa ora in esclusiva al Corriere dello Sport-Stadio. «Una finale è un’emozione, sempre. Peccato non ci sia il pubblico, il calcio è per loro. Ma spero che passi presto, che si possa riaprire, che torni completamente la normalità».

Napoli-Juventus è la sua finale, Fabio.

«Le finali sono di chi le conquista e dunque appartengono ai club, agli allenatori, ai calciatori. Io la vivo con partecipazione, ovviamente, ed è anche superfluo sottolinearne i motivi».

Facciamo subito una domanda carogna: per chi tifa?

«Non ho più l’età per tifare: però è chiaro che se c’è la squadra della mia città in campo ed il suo allenatore è Gattuso, allora non posso che aver piacere che a vincere siano loro. Anche perché penso che Rino meriti la soddisfazione di godersi un trofeo».

Ne avete vissute di serata insieme e ricordare Berlino 2006 è scontato ma doveroso. Ma è un momento particolare adesso per lui.

«Siamo amici e posso immaginare quanto stia soffrendo: il dolore lacera ma lui è forte, ha carattere. L’ha dimostrato sempre, da calciatore e anche ora da allenatore».

Gattuso e Sarri visti da Cannavaro.

«Sono uomini che hanno storie diverse. E sono imparagonabili. Appartengono a generazioni distanti e anche con idee differenti. Ma sono bravissimi entrambi nel portare avanti le proprie filosofie. Io non ho capito perché mai il Milan non abbia confermato Rino: ha dimostrato conoscenze, esperienza, serietà e sensibilità».

Leggi l'intervista integrale sull'edizione odierna del Corriere dello Sport-Stadio

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