Di sicuro Rino ha una voglia matta di restituirgli uno degli scherzi micidiali dei quali è rimasto vittima, a Milanello per tanti anni. Troppi anche. Era sempre lui, Andrea Pirlo, il regista, l’ispiratore. Spesso trovava qualche decisivo alleato, in Nesta e Oddo, per allestire una di quelle trappole da caserma, come fargli trovare nel letto un lenzuolo pieno di sabbiolina. Ma sia Pirlo che i suoi sodali sapevano di rischiare molto. «Sai quante centre gli ho dato!» raccontava spesso Rino nei giorni in cui c’era da preparare una grande sfida e non tollerava che si sfregiasse il clima con qualche scherzo perfido.
Gattuso e Pirlo, scene alla Bud Spencer e Terence Hill
E per dare un’idea di quel che accadeva, in ritiro, o addirittura nello spogliatoio di Carnago, spesso faceva riferimento a una scena cult. «Gliene tiravo tipo Bud Spencer a Terence Hill» spiegava. E le manone di Gattuso non sono certo guanti di velluto. Non ammetteva distrazioni, Rino. Così come non ne vuol sentir parlare, in queste ore che precedono l’appuntamento di stasera a Reggio Emilia, quando c’è già in gioco un trofeo, la supercoppa d’Italia che vuol dire mettere da parte una medaglietta e preparare il futuro con maggiore serenità. Senza pressioni. Senza tensioni. Ma sospinti dalle vitamine di un successo del genere. Ecco cosa può temere Gattuso e il Napoli squadernando l’album di famiglia ai tempi del Milan, tutti quegli anni vissuti in comodato d’uso, uno col righello in mano a dettare linee di passaggio, l’altro a correre e ringhiare per tutta la squadra.
Un giorno Max Allegri riprese direttamente dal rugby una splendida definizione di questa strana coppia calcistica. Disse: “uno sposta il piano, l’altro lo suona”. E non c’era bisogno di spiegare i ruoli perché sarebbe stato stucchevole. Chi spostava era Rino, chi suonava era Andrea. Anche sul futuro di Pirlo, Gattuso ha visto lungo e anticipato le sue scelte. Quando fu sul punto di sfilarsi la maglia, Rino anticipò gli eventi con il seguente pronostico: «Andrea può fare di tutto perché ha un’intelligenza fuori dal comune».
Gattuso conosceva il futuro di Pirlo
Ha avuto ragione. Perché è stato uno dei pochi a non sorprendersi del repentino cambio di destinazione, dalla panchina under 23 della Juve alla successione di Maurizio Sarri, senza un solo giorno di apprendistato. Lui no, Rino Gattuso, come da calciatore, è passato attraverso cento esami, sacrifici - lasciando da ragazzo famiglia e il paesino calabrese per trasferirsi a Perugia - e poi viaggi in Scozia e quindi da allenatore le esperienze in Grecia, in Svizzera, a Pisa prima di sentire l’odore di casa, alla primavera del Milan, antipasto della successiva promozione per rimpiazzare Montella. «Io non sono mai stato un predestinato» continua a ripetere Rino quando parla del suo passato. E arriva al punto di presentarsi come calimero, «brutto sporco e cattivo», ma sono solo parole utili a difendere lo spogliatoio e ad attirare sulla sua sagoma i fari della critica e dell’insoddisfazione della tifoseria.
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