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Clamoroso: il Fair Play Finanziario è finito. Che succede adesso

EPA

L’élite europea decreta il fallimento della riforma del 2011. Cade l’obbligo del pareggio di bilancio: non è più sostenibile

Il Fair Play Finanziario è morto. Inutile girarci intorno, dire che sarà rimodulato, aggiornato o adattato al momento storico: il suo architrave, l’obbligo del pareggio di bilancio, non è più sostenibile perché non si può sanzionare un intero settore se nessuno riesce più a rispettarne le norme. Tutti colpevoli, nessun colpevole. Non si può imporre alle società di pareggiare i costi con i ricavi se questi sono distrutti da uno shock mondiale e asimmetrico, perché penalizza alcuni più di altri ma colpisce in pieno certi settori. Quando un’azienda perde fatturato deve tagliare i costi, ma se tutti perdono fatturato non possono tagliarli nello stesso momento, soprattutto se due terzi sono rappresentati da stipendi garantiti da contratti pluriennali.

Le società possono fare cassa vendendo i giocatori, ma se tutti i potenziali acquirenti sono alla canna del gas non sanno a chi darli. Questa è la realtà e oggi l’Uefa ne prende atto. Però è sbagliato attribuire il fallimento del Fpf solo al Covid che, in fondo, ne certifica solo l’inattuabilità. L’Uefa dice che ha migliorato la salute del football europeo perché in dieci anni il sistema calcio ha ridotto i debiti e rafforzato il patrimonio.

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