Il primo a fare i conti con Silvio Berlusconi intenditore di calcio fu Nils Liedholm, il santone svedese rimasto al Milan nel burrascoso epilogo della presidenza Farina. "Lui bravo allenatore di Edilnord" commentò ai cronisti con la tipica flemma Nils quando gli riferirono dei primi suggerimenti offerti dal nuovo presidente. Celiava sul fatto che in gioventù Silvio aveva guidato la rappresentativa calcistica della sua azienda di costruzioni, Edilnord appunto, con Paolo, il fratello, schierato centravanti. Il secondo, ma il primo autentico perché scelto personalmente da Silvio dopo aver ammirato a San Siro una prova del Parma in coppa Italia, fu Arrigo Sacchi da Fusignano, reclutato grazie ai buoni uffici di Ettore Rognoni, produttore Mediaset e “sfilato” alla Fiorentina di Allodi al quale si era promesso. Con Sacchi fu amore a prima vista - scudetto al debutto e coppa dei Campioni l’anno dopo - senza trascurare celebri discussioni su schemi e formazioni da allestire prima e dopo l’episodio chiave registrato in quel di Verona, all’indomani di una dolorosa sconfitta in coppa Uefa, a Lecce con l’Espanyol. "Non so chi di voi resterà al Milan il prossimo anno, di sicuro Sacchi resterà l’allenatore del Milan": scandì bene la frase guardando negli occhi il capitano Baresi.
Da Sacchi a Capello
E da quel giorno il Milan volò verso lo scudetto conteso al Napoli fino allo scontro diretto del 1 maggio 1988. I contrasti più famosi furono sulle scelte di mercato. Sacchi inseguiva gli apostoli del suo calcio, Berlusconi le grandi firme con cui impreziosire la propria galleria di Palloni d’oro. E se al primo braccio di ferro (Borghi piaceva al presidente, Rijkaard all’allenatore) la spuntò Arrigo, poi venne il giorno della separazione consensuale con raccomandazione speciale a Matarrese perché lo reclutasse per il club Italia. Da Sacchi a Capello, il passaggio non fu indolore. Anzi venne salutato da commenti acidi riservati a quello che molti ritenevano un “signorsì” e che invece si dimostrò presto un “hombre vertical” in ogni occasione. L’unico dissapore registrato durante l’ultimo dei 5 anni con 4 scudetti vinti da don Fabio: troppi 1 a 0 la causa. "Preferisco vincere 5 volte 1 a 0 che una sola volta 5 a 0" la replica del tecnico friulano alla critica del Presidente sul suo calcio sparagnino.
"Due attaccanti e un trequartista"
Turbolento il sodalizio con Zaccheroni, questa volta per motivi legati allo schieramento: "Ha la stoffa, ma non è un buon sarto" disse Berlusconi. Alberto si portò dietro da Udine il 3-5-2 che ad Arcore sembrò una bestemmia, tanto da spingere Galliani a firmare una nota del club ("metteremo per iscritto che chi vuol allenare il Milan deve impegnarsi a schierare la difesa a 4"). Il “terzo” fu Carlo Ancelotti svegliato di notte dopo la sconfitta 1 a 0 col Torino (e rigore sbagliato da Pippo Inzaghi) e accolto con un rullio di tamburi. Era uno di casa al Milan pur arrivando dalla Juventus e venne accompagnato dall’affetto familiare di tutto il club. L’unico motivo di qualche elegante critica calcistica fu il famoso “alberello di Natale”, l’attaccante Sheva o Inzaghi, assistito da due mezze punte (Rui Costa e o Rivaldo e Kakà) a cui si era affezionato. Al culmine della rimonta nel derby scudetto del 2004, ottenuto grazie alla sostituzione di una mezza punta con il secondo attaccante (Tomasson), Silvio Berlusconi incise il secondo comandamento di casa Milan. Disse: "Il mio Milan deve giocare sempre con 2 attaccanti e un 3/4ista". Ancelotti si fece concavo e gli rispose: "Giocherò sempre con 3 attaccanti".
Frizioni con Allegri
Non mancarono frizzi e lazzi con Allegri, l’altro tecnico del penultimo scudetto, stagione 2011. In tribuna, durante una sfida di Champions League col Barcellona, il presidente protestò vivamente con Galliani per la strategia utilizzata contro il palleggio degli spagnoli. Ancora più noto il duello rusticano con Dino Zoff, all’epoca ct della Nazionale, uscita sconfitta dalla finale dell’europeo 2000 a Rotterdam contro la Francia. "Come si può pensare di affrontare Zidane senza preparare una marcatura ad hoc?" chiese Silvio Berlusconi in conferenza stampa a Milanello. E quella sfiducia pubblica, proclamata a reti unificata per lo spessore mediatico del personaggio, spinse il tecnico friulano a rassegnare le dimissioni già decise in anticipo per accettare l’offerta di Cragnotti di occuparsi della presidenza della Lazio.
La "costruzione dal basso" del Monza
Da ultimo, Berlusconi firmò una lectio brevis sulla tattica del suo Monza contestando la famosa «costruzione dal basso», i passaggi corti tra portiere e difensori per intendersi. "Meglio lanciare lungo sugli attaccanti" spiegò. Un paio di giorni dopo, a San Siro, il Milan con Maignan e Leão realizzò lo schema Berlusconi e vinse 1 a 0 sulla Samp. E lui chiamò Paolo Maldini per congratularsi.