L'Italia del calcio è in lacrime per la morte a quasi 87 anni di Bruno Pizzul, storico telecronista della Rai, per decenni voce della nazionale italiana in televisione. Non molto tempo fa il giornalista friulano aveva raccontato le emozioni della sua carriera in un'ultima intervista a Vivo Azzurro Tv, la piattaforma della Figc dedicata alle nazionali: "Quando mi chiedono se sono rimasto legato in modo particolare a qualcuno è una domanda che io cerco di schivare perché inevitabilmente se cominci a fare l'elenco dei giocatori che più hai amato, che più ti sono stati vicini, corri il rischio di lasciare fuori i campioni. Devo dire che ne ho avuti tantissimi, ma naturalmente fin dall'inizio qualcuno ha avuto un posto particolare... Come dimenticare tra i nostri Gigi Riva, Gianni Rivera, però ripeto, troppi sono i ragazzi per bene anche che ho conosciuto per consentirmi di fare delle elencazioni precise".
Pizzul e il rigore di Baggio
Pizzul ha un pensiero per Roberto Baggio, campione che fallì il rigore decisivo nella finale mondiale del 1994 tra Italia e Brasile: "Il momento dei calci di rigore negli Stati Uniti è stato particolarmente rilevante e che mi ha lasciato dentro una specie di amarezza, perché quando si parla di Roberto Baggio la prima cosa che salta in mente è quel rigore sbagliato e non è giusto che un elemento come lui che al calcio italiano ha dato tantissimo e continua a dare, venga ricordato anche e soprattutto per quel calcio di rigore sbagliato. Il primo che ha corso su di lui per consolarlo era proprio Gigi Riva che ha cercato di dargli un po' di consolazione perché lui stava piangendo al dirotto".
Il cucchiaio di Totti
Pizzul ricorda anche il cucchiaio di Totti contro l'Olanda, agli Europei del 2000: "I rigori e tutta quella serie di parate incredibili di Toldo ha lasciato dentro a tutti quelli che erano lì presenti una traccia profondissima sul piano dei ricordi e delle emozioni personali, perché non capita raramente di vedere una partita con un andamento così emozionante e poi con quel Totti che fece quella cucchiaiata incredibile".
Italia '90 e le notti magiche
La mente va anche ai Mondiali di Italia '90, con un ricordo agrodolce: "Le famose notti magiche sono rimaste impresse nella memoria di tutti e poi è andata a finire come è andata a finire - le parole di Pizzul a Vivo Azzurro - però certo quello è un ricordo che si è ritagliato profondamente dentro la mia memoria di uomo e nella mia coscienza. Anche quelli che allora erano ragazzini conoscono benissimo quella storia, culminata con quell'esito che ci ha lasciato l'amaro in bocca, ma che tutto sommato ha anche consentito all'Italia di prendere consapevolezza dell'enorme popolarità che aveva il calcio".
Pizzul e il suo linguaggio
Il grande telecronista friulano racconta il proprio linguaggio, caratterizzato da espressioni indimenticabili: "Quelli che sono andati con tanta buona volontà e pazienza a spulciare il mio linguaggio hanno enucleato alcune di queste frasi fatte, che sono diventate idiomatiche, come 'ha il problema di girarsi', 'è tutto molto bello', 'partiti' e via dicendo, ma sono tutte cose che mi venivano così spontaneamente e che molto spesso derivavano dal fatto di averle mutuate dal linguaggio tipico del calcio giocato. Avendo provato senza troppa fortuna a diventare un bravo giocatore di calcio, ho frequentato quegli ambienti lì e spesso mi capitava di usare le frasi che erano tipiche del linguaggio dei calciatori".
L'inizio della carriera da telecronista
Pizzul ha ricordato come entrò in Rai, iniziando a raccontare il calcio in tv: "Feci tutta una serie di prove e poi veni assunto, corso di preparazione professionale di sei mesi, assunto la RAI e da lì ho cominciato praticamente in modo privilegiato senza dover fare gavetta, a fare le telecronache delle partite di calcio, a cominciare dal campionato di Serie B di cui per tanti anni ho fatto la cronaca di un tempo, mentre Martellini faceva la cronaca di un tempo della partita di Serie A, io facevo quella della Serie B. Nando (Martellini, n.d.r.) è stato anche con me come con tutti un gentiluomo, perché mi ha accolto in maniera quasi fraterna, dandomi non tanto dei consigli sul modo di raccontare il calcio, quanto sul piano della correttezza, dell'esempio e della capacità di mettere a proprio agio tutti".