Si può raccontare lo sport al cinema senza passare per gli attori ma con la viva voce dei campioni? Si può raccontare un secolo di giornalismo italiano attraverso le prime pagine che hanno fatto la storia? Sembrava un’impresa, se non impossibile, quantomeno difficile. E invece “Eroici!”, il docufilm del Corriere dello Sport-Stadio sui primi 100 anni di vita, ci è riuscito. Presentato lo scorso ottobre, ha riscosso successo di pubblica e critica e ieri sera ha ricevuto un prestigioso riconoscimento meritando il podio dei Nastri d'Argento nella speciale categoria: "Il racconto dello sport". Durante la premiazione, nella splendida sala 5 del Cinema Barberini, sul palco sono saliti il direttore, Ivan Zazzaroni, il regista Giuseppe Marco Albano e lo scrittore Shadi Cioffi. A loro il piacere di raccontare cosa abbia significato, e significhi ancora oggi, "Eroici!". «Io da piccolo volevo diventare Giovanni Veronesi», ha esordito scherzando Zazzaroni, citando il regista de: "La Valanga azzurra".
Grande emozione sul palco: presente anche Fabrizio Zappi di Rai Documentari
Tra una gag e l’altra in un clima di grande cordialità, il direttore del Corriere dello Sport - Stadio ha ricordato come celebrare i «nostri primi 100 anni solo sulla carta ci sembrasse vecchio e allora Daniele Quinzi (direttore marketing, ndr) ha avuto l'intuizione del film. Io sono stato il primo a non crederci, lo ammetto, e invece oggi siamo qui a ritirare questo premio. Le persone che hanno lavorato al film sono state tutte bravissime, mi rompevano le scatole ogni giorno con le loro idee e alla fine abbiamo portato con noi 16 grandi professionisti, che hanno partecipato con emozione raccontando cosa sia per loro lo sport. Credo che, anche grazie a Groenlandia, questo prodotto sia riuscito molto bene. È stato fastidiosissimo e lunghissimo ma proprio per questo motivo siamo stati premiati». Momenti di grande emozione quando Zazzaroni ha paragonato le edicole ai cinema, beni preziosi da tutelare ad ogni costo: «Vedendo questa sala ho pensato che abbiamo lo stesso problema, noi e il cinema: la comodità della gente e la tecnologia. Con sale come questa, concorrenziali, le persone escono di casa: dobbiamo salvaguardarle così come le edicole». Applausi. Tra una battuta e l'altra e il ricordo della Valanga Azzurra dello sci (il documentario che ha vinto il Nastro d'Argento) è stato impossibile non emozionarsi con le parole di Massimo Maestrelli, figlio di Tommaso. Anche il loro film era nella cinquina finalista: «Quando si ha un genitore in vita si cerca di portarlo a mangiare una pizza, a fare una passeggiata, si vuole trascorrere più tempo insieme. Io ho perso mio padre che avevo 13 anni e non sapevo come ricambiare il suo affetto. Ho deciso di fargli questo piccolo regalo e ora, se ci vede dal cielo, potrà dire che anche dopo 50 anni c'è chi ha fatto per lui qualcosa di bello. Il calcio è completamente diverso, ho cercato di trovare in qualunque allenatore della Lazio qualcosa che si avvicinasse a babbo e in qualche modo ci sono riuscito. Spero che Baroni possa indossare in una partita importante la giacca di mio papà dell'anno dello scudetto».
Passione, professionalità e autorevolezza
Se e quando succederà il Corriere dello Sport lo racconterà. Come ha fatto negli ultimi 100 anni e come farà anche in futuro. Perché sì, si può raccontare lo sport in tanti modi: sulla carta, sul web, sul grande e sul piccolo schermo. Il segreto è sempre lo stesso: passione, professionalità, autorevolezza. E quando serve un pizzico di sana follia. Come quella che ha portato il Corriere dello Sport a ricevere un premio al cinema nel centro di Roma in una tiepida serata di primavera.