Di Graziano Fiorita, il fisioterapista 47enne morto improvvisamente giovedì scorso mentre si trovava in ritiro col Lecce, mi hanno parlato Marco Giampaolo («terribile colpo»), Pantaleo Corvino («lo portai a 25 anni al settore giovanile e poi all’inizio del Duemila in prima squadra, un ragazzo splendido») e Salvatore Foti, il vice di Mourinho alla Roma e al Fenerbahçe: «Che perdita enorme, persona e professionista super. Ho giocato una stagione lì e a distanza di tredici anni ci sentivamo ancora, l’ultima volta a febbraio... Aveva quattro figli, ti rendi conto?».
Per il Lecce Graziano era ormai una figura centrale e amata. Ma il calcio ha obbligato squadra e dirigenti a elaborare lo shock in poche ore. Perché non c’è più tempo, perché non ci sono slot liberi, perché la partita di venerdì si deve giocare per forza stasera.
Stavolta non è colpa della Lega, ma di un calendario delinquenziale e di un sistema calcio stritolato dagli interessi di classifica: il Lecce rischia la retrocessione come Verona, Parma, Cagliari, Venezia e Empoli, mentre l’Atalanta è in corsa per la Champions come Bologna, Juventus, Lazio, Roma e Fiorentina.
Siamo arrivati al calcio disumanizzato poiché disorientato da lutti e imprevisti d’ogni genere.
Più di un anno fa, condividendo il pensiero di alcuni allenatori e procuratori - non di presidenti e direttori sportivi, mi preme sottolinearlo - cominciammo a criticare con forza la bulimia delle istituzioni internazionali (Fifa e Uefa) che avevano preso troppo sul serio il ruolo di promotori e diffusori del calcio, trasformandosi in accumulatori seriali di miliardi e potere attraverso l’allestimento del maggior numero possibile di supertorneoni e torneietti.
Lanciammo un allarme e nel giro di una stagione i nodi sono venuti - tutti - al (nostro) pettine: prima lo spostamento di due partite dell’andata riprogrammate obbligatoriamente a girone di ritorno iniziatosi, e adesso - sempre con notevoli strascichi polemici - il rinvio di tre anticipi per la morte del Papa e di Atalanta-Lecce per quella di Fiorita.
La riduzione del numero delle squadre da 20 a 18 - è opportuno chiarirlo - non sarebbe risolutiva. Bisognerebbe piuttosto cambiare la testa dei vari Infantino e Ceferin, i quali dovrebbero cominciare a ripensare i calendari soffermandosi sulla salute degli atleti e sulla qualità dello spettacolo offerto.
Graziano e il calcio meritavano maggiore rispetto.