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Il dolore dei soldi: ecco perché il calcio italiano è a rischio

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Il dolore dei soldi: ecco perché il calcio italiano è a rischio BARTOLETTI
La Super Champions, il nuovo Mondialclub e la pirateria stanno impoverendo i campionati nazionali. Il nostro teme la riduzione dei diritti tv. L’allarme è scattato

Il rischio di una riduzione degli introiti televisivi garantiti da contratto con DAZN prospetta effetti mortali per la salute, già precaria, del calcio italiano. Spifferi circolati in questi giorni evocano analogie sinistre con quanto accaduto in Francia dove DAZN ha unilateralmente sospeso i pagamenti alla Ligue 1, accusandola di non contrastare la pirateria e di non promuovere il calcio televisivo. Argomenti in cui molti hanno visto dei pretesti per rinegoziare al ribasso un contratto già povero, circa metà di quello italiano. Dopo una serie di schermaglie giudiziarie, Ligue 1 e DAZN hanno risolto il rapporto e la lega francese proverà a lanciare la sua piattaforma di streaming. Nel caso della Serie A, a dare retta ai boatos, si teme un taglio di poco inferiore a 200 milioni, cioè quasi un q uarto dei circa 900 annui sottoscritti, con effetti chiaramente distruttivi. Anzitutto perché il taglio colpirebbe in parti pressoché uguali tutte le società, ma per le minori avrebbe un impatto proporzionalmente ben più doloroso.

Questo penalizzerebbe anche la competitività del campionato, vero valore da preservare se si vuole migliorarne l’appetibilità. Un contraccolpo immediato colpirebbe i risultati economici dei club: per quelli che non partecipano alle coppe europee, i diritti domestici sono la fonte primaria di ricavo. Il calcio professionistico italiano viene da quasi 5 miliardi di perdite nel quinquennio 2018-2023, come si legge nel Report Calcio Figc. L’ulteriore compressione dei ricavi finirebbe per aggravare uno scenario già tremendo perché i costi di gestione delle società continuano inevitabilmente, per inerzia, a salire. Il calcio europeo a livello di club ha registrato nell’ultimo anno una crescita dei ricavi del 7,6% (dati contenuti nell’ultimo Report di Deloitte). Quello italiano solo dell’1,6%. Poiché una fetta consistente e stabile dei ricavi dei club (pari a circa due terzi) finisce nelle tasche dei calciatori, è facile capire come la corsa dei ricavi internazionali produca un’inflazione simile sui costi per stipendi e cartellini. Se i club italiani vedessero salire i propri ricavi meno della media europea (o addirittura scendere con la temuta decurtazione dei diritti televisivi) diventerebbero in proporzione più poveri e potrebbero permettersi meno qualità. In prima battuta, registrerebbero risultati economici ancora più negativi di quelli attuali e ciò costringerebbe molti a cedere i migliori giocatori, causando un depauperamento ancora maggiore del livello tecnico e dell’appetibilità commerciale del movimento.

La crisi del calcio italiano, già cronica, rischia poi di colpire in maniera perfino più fragorosa le categorie inferiori. La Serie B e la C sono gli anelli deboli di una catena del valore fragile ed esposta ai venti della concorrenza internazionale. La B viene da 826 milioni di perdita: un risultato drammatico in rapporto ai minori ricavi, le cui conseguenze sono visibili nella crisi esistenziali di molte società, anche storiche. La C ha registrato quasi mezzo miliardo di perdite su 750 milioni di ricavi: in pratica, per ogni euro che incassa ne spende due. Ha già subìto quasi 10 milioni di riduzione dalla mutualità e dalla revisione della Melandri e rischia una legnata fortissima su un corpo già assai debilitato. Prospettive simili non sono solo tristi dal punto di vista dei tifosi, di comunità per cui la squadra della città è un concentrato di passioni che si tramanda da generazioni, ma soprattutto da quello dell’intero movimento che rischia di inaridire ulteriormente la formazione di giovani talenti e lo sfogo del calcio minore, naturale prosecuzione della pratica sportiva di chi esce dal settore giovanile per ragioni di età. Sarebbe l’accelerazione traumatica di un declino secolare già in corso, su cui è urgente porre ripari.

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