"È stata una buona partita, l'obiettivo della qualificazione è stato raggiunto, anche se dobbiamo lavorare e lavorare. Ho una settantina di giocatori sotto osservazione per il 2026, non ho ancora una lista definitiva di 25 o 26 elementi, ma siamo messi bene". Serafico, soddisfatto, lusingato dagli auguri per il suo sessantaseiesimo compleanno che tutta la NeoQuímica Arena di San Paolo gli ha tributato, Carlo Ancelotti ha tagliato il primo traguardo brasiliano fra gli applausi di pubblico e critica. Gli avevano chiesto di raddrizzare la Seleçao in due partite, rimettendola in carreggiata per il Mondiale e così è stato. Pareggio con l'Ecuador (anch'esso qualificato), vittoria sull'Albirroja e giochi fatti, grazie agli accorgimenti tattici subito apportati dal primo ct italiano nella storia della Canarinha, passando dal 4-3-3 di Guayaquil al 4-2-4 di San Paolo, con una punta in più (Martinelli) schierata assieme a Vinicius, Raphinha e Mateus Cunha. Non a caso, il gol della vittoria che consente alla Seleçao di essere l'unica Nazionale capace di qualificarsi a tutte le edizioni iridate, è stato firmato da Vinicius il quale l'ha subito dedicato al mentore madridista. "Il mister avrà più tempo per lavorare, preparandoci bene al 2026. Ma già sotto la sua guida abbiamo disputato una delle nostre migliori partite delle eliminatorie". Settanta giocatori fra i quali eleggere i convocati per la spedizione che punta alla fatidica Hexta, la sesta Coppa del Mondo, inseguita da ventitré anni. Ancelotti è stato ingaggiato per questo. E, guardando alla valle di lacrime azzurra, come non pensare a ciò che l'Italia sarebbe potuta essere con Carletto, se fosse stato possibile nominarlo ct e a ciò che è già il Brasile con Carlinho.
Corriere dello Sport
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