Il bello del calcio è che, alla fine, a parlare è sempre il campo e i campioni parlano sempre sul campo. Gianluigi Donnarumma, 26 anni, campione autentico lo è, oltre a essere un predestinato sin dal momento in cui, l'indimenticabile Sinisa Mihajlovic, lo lanciò in Serie A nelle fila del Milan, all'età di 16 anni e 8 mesi. Era il 25 ottobre 2015. Il 7 maggio 2025, a Parigi, Parco dei Principi, come già all'Emirates Stadium di Londra, otto giorni prima, con le sue grandi parate Gigio ha sigillato la qualificazione Psg alla finale di Champions League con l'Inter. L'indomani, la Francia si è gettata ai piedi del capitano della Nazionale italiana, nella quale conta già 72 presenze, campione d'Europa nel 2021. Un autentico stato di deliquio, un florilegio di elogi misti a stupore di fronte a cotanta bravura, come se il suo valore fosse stato scoperto nell'ultima settimana e non fosse stato acclarato da 4075 partite da professionista fra club e Nazionale, 4 Ligue 1, una Coppa e 3 Supercoppe di Francia, 1 Supercoppa con il Milan. "Magnifique!", "Fantastique!", "Liberés", liberati dall'incubo di non ritornare mai più in finale, dopo cinque anni di inutili tentativi, eccetera eccetera. Il peana intonato da So Foot è emblematico: "Sicuramente, in questo momento Donnarumma è il miglior portiere del mondo si potrebbe addirittura dire che è il miglior giocatore del pianeta. C’è qualcuno in questo momento più decisivo dell’italiano per la sua squadra?”.
E giù elogi sperticati, rimbalzati dalla Francia alla Germania all'Inghilterra, dove il Gigante di Castellammare di Stabia è diventato The Inviolable Mountain, la Montagna Inviolabile. Oggi L'Equipe si è inchinata: "Donnarumma è il portiere di una primavera 2025 abbagliante, il portiere di una stagione incredibile (20 parate nelle partite a eliminazione diretta), l’uomo grazie al quale il Paris ha conquistato questa finale. È come se si fosse “liberato da una pressione ingombrante, fosse riuscito a reinventarsi”. Soffre meno sulle palel alte, è migliorato anche nella leadership (ora in area si fa sentire molto di più). “Una di quelle cose di cui, lo ammettiamo, non lo avremmo mai immaginato capace solo pochi mesi fa“. Bene. Benissimo. Epperò, ritornando nell'Esagono, come non ricordare le feroci critiche che scandirono i commenti parigini dopo la partita d'andata con il Liverpool, salvo genuflettersi al ritorno, quando Gigio, incubo degli inglesi, parò due rigori ed eliminò i Reds. Al che, l'azzurro sbottò: "Mi domandate se le critiche mi infastidiscano? Sì, per questo sono un po’ nervoso. Leggo molte critiche mosse da giornalisti o pseudo tali, se si possono chiamare così, i quali non sanno che cosa sia il mestiere del portiere. All’andata abbiamo subito un tiro e un gol e sembrava fosse tutta colpa mia: però, io penso sempre a sorridere, a dare il massimo e lavorare per la squadra". Così è stato, altro che il "becchino del Psg", per citare il complimento più gentile rivolto al portiere italiano. Oggi a Parigi, invece, di beccamorti non se ne trovava uno.