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La Premier League non ripartirà a inizio maggio: c'è l'accordo per taglio stipendi

La lega inglese in una nota: "La data di riavvio è in costante revisione con tutte le parti interessate a causa dell'impatto della pandemia". Athletic: "Un club vuole giocare in Cina"

LONDRA (INGHILTERRA) - Premier League sospesa a tempo indeterminato. Dopo l'assemblea di oggi, la Lega inglese ha ufficializzato che il campionato "non riprenderà a inizio maggio" come si prevedeva inizialmente e che si tornerà a giocare "solo quando ci saranno le condizioni necessarie di sicurezza". Sarà il Governo di Londra, dunque, a dover dare il via libera e nel frattempo i club, davanti all'impatto economico dell'emergenza Coronavirus, chiederanno ai calciatori di rinunciare al 30% del loro ingaggio annuo per tutelare gli altri dipendenti: previsto per domani un incontro fra Lega, assocalciatori e rappresentanti delle 20 società. La Premier, inoltre, stanzierà oltre 140 milioni di euro per aiutare le Leghe inferiori e altri 23 milioni per il servizio sanitario nazionale.

Premier, accordo raggiunto per taglio stipendi

Intanto, accordo raggiunto tra i 20 club della Premier che chiederanno ai loro calciatori un taglio degli stipendi pari al 30% annuale. L'intesa tra le società della massima divisione inglese è stata raggiunta nel corso della video-conferenza che si è svolta oggi.

"Un club di Premier vuole giocare in Cina"

Un club di Premier League è disposto a giocare in Cina le ultime partite di campionato pur di portare a termine la stagione in corso. In Inghilterra tutti i club vogliono concludere il campionato per non perdere i quasi 800 milioni di euro garantiti dalla vendita dei diritti televisivi che viceversa verrebbero rivendicati dai broadcast. E - scrive oggi la rivista Athletic - c'è addirittura una società della massima divisione inglese, di cui però non è stato rivelato il nome, che si è detta disposta a trasferirsi per un mese a 5,000 km di distanza, in Cina appunto, pur di disputare le ultime partite. Una provocazione che riafferma, ancor più chiaramente, la voglia, condivisa all'unanimità dai 20 club, a non cancellare la stagione, come è accaduto in Belgio.

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