Il 15 febbraio 2017, dopo averlo visto all’opera con il grande Real al Bernabeu, a 19 anni, la stampa spagnola decise di inserirlo tra i migliori in campo: incantata dalla sua personalità presagiva un futuro radioso, proprio come il mondo del calcio italiano, e non di certo i risvolti dell’ultimo periodo. Quello di Amadou Diawara, all’epoca dei fatti di Madrid un diamante grezzo destinato a brillare, è uno strano caso: con Sarri giocava poco, con Ancelotti anche meno. I numeri non mentono: tra il girone d’andata e la fase a gruppi di Champions della stagione precedente aveva messo insieme 787 minuti, mentre oggi Amadou è a quota 483. E ancora: un calendario fa contava 4 presenze da titolare in Champions, mentre quest’anno neanche un istante. In sintesi: non sembra essere esattamente al centro dei piani di Carletto, ma nel frattempo il Napoli non ha intenzione di cederlo in prestito e anzi lo valuta tra i 35 e i 40 milioni di euro. Conseguenza: nonostante lui aspiri a trovare maggiore continuità, sarà estremamente difficile cambiare aria a gennaio.

NEMESI CHAMPIONS - E allora, la parabola di Diawara: in ascesa tra la fine del 2016 e la prima parte del 2017, con tanto di notte da protagonista e da titolare in occasione del primo atto degli ottavi d’Europa al mitico Bernabeu, e in discesa fino al 29 dicembre 2018. Giorno dell’ennesima di una lunga serie di panchine collezionate da quando c’è Ancelotti, con il Bologna al San Paolo: per lui, finora, appena 10 presenze, di cui 6 dall’inizio, e un totale di 483 minuti. Tutti in campionato: in pratica, la Champions non l’ha vista mai (cinque panchine e una tribuna). Una sorta di nemesi internazionale: soprattutto considerando che con Sarri, un tecnico che lo impiegava davvero con parsimonia, in coppa è partito titolare quattro volte su sei anche nella stagione precedente. 

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