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Vlahovic, un azzardo calcolato

Una scommessa, l’ennesima scommessa di un mercato dove fai fatica a distinguere il confine tra l’investimento e l’azzardo. L’assalto a Vlahovic può spiegarsi solo così. La Juve chiuderà il bilancio in corso con un deficit di 90 milioni se arriva ai quarti di Champions e se fa una plusvalenza consistente, cedendo uno dei suoi pezzi pregiati. Altrimenti il saldo rischia di essere ancora più pesante. La ricapitalizzazione di 400 milioni è servita in gran parte per coprire l’indebitamento esistente e gli impegni pregressi del mercato. Nel budget del club ci sono 80 milioni stanziati per nuovi acquisti, ma non si tratta di un tesoretto pronto per l’uso. È una disponibilità destinata a rimpiazzare i giocatori che per motivi anagrafi ci escono dalla rosa (leggi Chiellini). Di più, la società bianconera dovrà pagare 40 milioni alla Fiorentina per riscattare Chiesa nel 2022, e 35 al Sassuolo per fare interamente suo Locatelli l’anno successivo. Anche a costo di rinunciare a Morata, come sembra certo, e a Kean, il cui cartellino pure costerebbe 37 milioni, un’operazione come quella di Vlahovic appare proibitiva. È vero, la Fiorentina è con l’acqua alla gola e rischia di perdere il giocatore senza incassare nulla. Ma in questo momento è ancora nella condizione di trattare. Se la richiesta di 70 milioni – fatta ieri in tv dal diesse viola Pradè – pare difficilmente sostenibile, il punto di caduta di una trattativa con la Juve non sarebbe molto più basso. Forse tra i cinquanta e i sessanta. A questi si aggiunga l’ingaggio per almeno quattro anni a sette milioni netti a stagione, che peserebbe per circa 60 milioni lordi sulle fi nanze del club torinese. E non si dimentichi la parcella del procuratore, i cui buoni uffici saranno determinanti per la conclusione della trattativa. Parliamo di un’operazione che potrebbe abbondantemente superare i 100 milioni di euro.

È una nuova puntata sulla lotteria di questo strano universo che è diventato il calcio globale. Vlahovic ha ventun anni, è un talento naturale con prospettive di crescita, a detta di tutti coloro che s’intendono. Ma gli azionisti della Juve hanno visto in questi anni troppi investimenti flop, o comunque mediocri, per non invocare cautela. Né De Ligt né Kulusevski, per fare solo due nomi, hanno il mercato che è stato riconosciuto loro dalla Juve all’acquisto. Guardato a tavolino, lo scatto per Vlahovic è un azzardo. E tuttavia, la classifica bianconera illumina l’operazione di una luce nuova. Perché l’eventuale esclusione dalla Champions ha un apprezzamento economico non irrilevante. E con 34 gol segnati, meno non solo delle quattro squadre che stanno davanti, ma anche della Roma, della Fiorentina, della Lazio, del Verona, del Sassuolo e perfino dell’Empoli, il rischio che ciò accada è alto. Lo scialbo pareggio contro il Milan è la fotografi a fedele di un’inoffensività che pare ormai una condizione strutturale dell’attacco di Allegri.

Se Vlahovic servisse a salvare la stagione, e con essa i milioni della Champions (almeno 50), l’azzardo potrebbe tornare a somigliare a un investimento. A patto di riuscire a disfarsi di non pochi gioielli decaduti, presenti nella rosa di Allegri. E al prezzo di un probabile divorzio da Paulo Dybala, le cui trattative per il rinnovo non a caso languono. L’asso argentino, che già prende quanto la Juve offrirebbe a Vlahovic, e che da mesi punta al rilancio, dovrebbe rassegnarsi. Il club si è impegnato a ridurre gli emolumenti ai calciatori del venti per cento, e non si comprende in che modo potrebbe farlo accontentando tutti. Per questo l’arrivo del serbo potrebbe essere la mossa di una rifondazione.

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