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Retroscena Allegri: perché al Milan non ha chiesto il bonus Champions

Da gennaio Max ha studiato i rossoneri: conosce cosa non è andato dentro e fuori dal campo. Subito grande intesa con Tare

Nel giro di appena qualche giorno, il Milan è passato dallo zero in condotta calcistica alla coppia Tare-Allegri. Tempismo a parte, decisivo per non restare col cerino in mano, si tratta - finalmente, è il caso di sottolinearlo - della prima, robusta dose di competenza calcistica decisa dal Milan firmato RedBird a seguito del fallimento della passata stagione. Senza entrare nel merito delle diverse cifre circolate sull’argomento (di sicuro il contratto prevede 2 anni più l’opzione unilaterale per il terzo e per il quarto) c’è un primo dettaglio dell’intesa che mi sembra opportuno sottolineare. Max non ha chiesto il bonus per la qualificazione nei 4 posti Champions della prossima stagione. Il motivo è semplicissimo e sarà uno dei primi messaggi da segnalare a Milanello: quel traguardo è dovuto per un club come il Milan. Ha chiesto e ottenuto un bonus per lo scudetto che in una stagione senza coppe e solo con la coppa Italia e la supercoppa d’Italia a disposizione, non è poi una impresa memorabile anche se i casi negli ultimi anni sono davvero rari (due volte Antonio Conte con Juve e Napoli e una volta Alberto Zaccheroni con il Milan).

Allegri al Milan, motivazioni super

Allegri ha tifato per tornare al Milan per una serie di buoni motivi che rappresentano anche la benzina di cui ha bisogno per rimettersi al lavoro. Il primo: nei mesi passati, quando hanno cominciato a circolare le prime voci sull’esonero di Fonseca, ha seguito puntualmente tutte le partite del Milan, ha preso nota, e ha segnato sul suo taccuino pregi e difetti di ciascun componente della rosa. Max è anche informatissimo sul “dietro le quinte”: conosce alla perfezione chi ha fatto cosa durante gli allenamenti, chi ha fatto tardi la sera e soprattutto ha come punto principale della sua gestione il ripristino dei comportamenti da Milan che devono andare dalla scelta di una divisa tradizionale (quella da cowboy esibita da Fonseca divenne occasione di dileggio) al consiglio (per Jimenez di togliersi quel biondo posticcio dai capelli) di un decoroso look. Il secondo: ha un paio di conti personali in sospeso da regolare. Uno è stato appena rilanciato dall’epilogo dell’esperienza juventina di Cristiano Giuntoli: un anno dopo aver avuto le chiavi della Juve e aver fatto tutto da solo (da Thiago Motta e Tudor più risultati insoddisfacenti in materia di finanza e di trofei) il ds che lo ha messo alla porta della Continassa è stato spedito a casa dal proprietario. Il secondo è costituito dal pettegolezzo che circola sul conto dello stesso Allegri ed è stato diffuso nel perimetro milanese, rilanciato dai soliti social (“è bollito”). Per dirla tutta ha una motivazione super per dimostrare, a cose fatte, che bollito non è

Milan, Allegri e l'intesa con Tare

Non deve peraltro meravigliare l’intesa perfetta stabilita in pochissimo tempo con Igli Tare. La spiegazione è semplice: perché i due si conoscevano e si stimavano da tempo e perché in forza di questo particolare rapporto, già ai tempi della Lazio Tare provò a portarlo a Roma (poi saltò tutto per le mancate garanzie di Lotito sul mercato, ndr) nella stessa, tormentata estate juventina durante la quale Conte lasciò all’improvviso i bianconeri e Marotta corse da Max per schierarlo in panchina. Anche allora, ricordano, Allegri fu accolto dallo scetticismo dichiarato dei tifosi bianconeri. Che è pari a quello di una parte della tifoseria rossonera i quali storcono il naso oggi adducendo a spiegazione lo stile povero di gioco. Nel passato milanista di Allegri non c’è stato solo un calcio asciutto e “scheletrico”, c’è stato anche dell’altro. È vero: a causa del lungo infortunio di Pirlo, creò il centrocampo dei mediani (Gattuso-Van Bommel-Ambrosini) ma è vero anche che grazie alla qualità di Ibra, Pato, Robinho e Cassano riuscì ad alzare il livello del calcio esibito. Altra caratteristica di Allegri: è un aziendalista convinto. E se pure fosse disponibile ad accettare l’eventuale sacrificio di Reijnders, è pronto a reclamare l’investimento totale della cifra sul mercato per rinforzare il reparto più debole (la difesa) e dare al centrocampo una composizione più razionale modificando, ad esempio, il ruolo di Fofana che viene definito un incontrista ed è invece un potenziale sostituto di Reijnders.

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