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Xhaka e il retroscena sulla Roma: "Perché non sono lì? Chiedete a loro"

EPA

Lo svizzero, che piaceva a Trigoria nel 2021, risponde così a chi gli chiede perché non sia con Mourinho

Con quel viso duro, forte, i capelli freschissimi di rasatura, incute quasi timore. Ma quando gli parli, Granit Xhaka è un ragazzo simpaticissimo. E disponibilissimo. Si ferma volentieri a parlare con l’unico cronista italiano che gli chiede informazioni, nonostante l’intervento dell’addetto stampa svizzero che vorrebbe portarlo via. «No, aspetta, due minuti e vengo». La nostra curiosità, che lo fa scoppiare a ridere, riguarda la trattativa saltata con la Roma nell’estate del 2021. Sembrava tutto fatto tra il club giallorosso e l’Arsenal, era già scritto l’accordo con il general manager Tiago Pinto, ma all’ultimo momento è andato storto. Perché, Granit? «Dovresti chiederlo alla Roma». In realtà ci interesserebbe sapere la sua versione. Avanti: «Te la racconto un’altra volta, quando non ci sente nessuno. Ma se chiedi a loro (i colleghi svizzeri, ndi) conoscono bene la storia».

Xhaka e il retroscena sulla Roma

La verità di Xhaka è questa. E non dipende dalla distanza tra le parti nella negoziazione, che pure c’era. Quella si sarebbe anche appianata, se il giocatore avesse voluto spingere per raggiungere l’obiettivo. Ma qualcosa è cambiato a metà del ritiro precampionato, quando Mikel Arteta gli ha parlato. In quel momento Xhaka aveva già la testa a Roma, aveva detto a Mourinho di essere entusiasta del trasferimento. Ma quando l’allenatore dell’Arsenal gli ha comunicato di essere intenzionato a costruire la squadra attorno a lui, assicurandogli che la sua centralità non sarebbe stata messa in discussione, ha accettato volentieri di restare a Londra e ha rinnovato il contratto. La Roma d’altra parte non ha più insistito, perché nel frattempo doveva sostituire Edin Dzeko diretto all’Inter e investire tanti soldi su Tammy Abraham, prelevato dal Chelsea. E così, amici come prima. Intanto, Xhaka sta preparando la partita decisiva contro la Serbia: alla Svizzera basta un pareggio per la qualificazione agli ottavi ma in questo spareggio entrano in ballo altri spigoli politici. Per lui e Shaqiri, che hanno origini kosovare, è una vigilia particolare, a maggior ragione dopo la provocazione degli avversari che hanno appeso nello spogliatoio una bandiera del Kosovo “colorata” di serbo. «Ma qui siamo al Mondiale - ha minimizzato Xhaka - pensiamo soltanto a passare il turno. Dev’essere una partita di calcio e basta». Un messaggio di un uomo saggio.

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