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Mourinho, basta la parola

Di sicuro, quello che si presenta stasera a Torino è un Mourinho minore. Scalfito da troppi passaggi a vuoto Manchester doveva essere la sua rivincita, rischia di diventare, se non la sua fossa, la sua più grande debacle. Una panchina già da un pezzo pericolante, risultati deludenti e gestione di un gruppo che, fedelissimi a parte, fatica a farsi permeare dal suo fluido

Intelligente e avido come pochi, lo Special non si contenta di prendere la testa dei suoi giocatori. Vuole il loro sangue. Fino all’ultima goccia. Il Dracula di Bela Lugosi è un dilettante al confronto. Il giovane professore di educazione fisica lo sapeva già di essere José Mourinho. Lo sapeva anche quando, bambino, aiutava il padre a incartare il pesce al mercato di Setubal. Lo ha sempre saputo. Come tutti i carismatici nati, Mourinho è condannato a non avere amici ma solo seguaci, che prima o poi gli si rivoltano contro. Il mondo per lui è un gigantesco, mediocre bordello mediatico da fecondare e nobilitare con il suo sperma divino. Il suo arco temporale non supera di solito i due anni, massimo tre. Il primo anno feconda e nobilita, il secondo vince e scappa o si trascina malamente al terzo. Da qualche tempo, si è perso l’effetto Mourinho. Hazard e compagni lo hanno rigettato al terzo anno di Chelsea, un anno prima della fine del contratto, come un calamaro guasto. Pogba farebbe molto volentieri lo stesso a Manchester. Spiacevoli incidenti, ma nulla che possa lontanamente incrinare il suo sospetto d’essere la reincarnazione di una divinità lusitana. Nulla lo inficia. Non lo sfiora il timore di rasentare la macchietta, nemmeno quando in mondovisione atteggia le mani a manette.

Di lui si dice che sia il numero uno nel club degli antipatici militanti. Falso. Il portoghese è antipatico solo con chi decide lui. La sua antipatia non è viscerale e nemmeno meditata, ma recitata. Quasi sempre a “vantaggio” dei colleghi rivali. Come quando definì Arsene Wenger, intoccabile totem dell’Arsenal, «un voyeur, uno di quei maniaci che puntano il cannocchiale sulle case altrui». Il rumore dei nemici alimenta il suo insaziabile ego. E, se i nemici scarseggiano, bisogna inventarli e alimentarli. Con Ranieri non ce l’ha fatta. Troppo accomodante. Con Antonio Conte è andato giù pesante, fino a quando non ha avuto la certezza di essere odiato. Lui, Mourinho, non odia e non ama. Sarebbe un insulto per la sua intelligenza. Ha un debole per i giocatori che lo amano, questo sì, che per lui ucciderebbero o si darebbero fuoco. Per volergli bene, a modo suo, non ha bisogno di stimarli. La sua opinione sulle qualità intellettive del calciatore medio è sufficientemente spiegata dalla durata dei video che fa preparare ogni settimana ai suoi esperti di tattica sull’avversario di turno. «Non più di 25 minuti, la soglia di attenzione di un calciatore».

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