Da quando l’ad della Lega De Siervo si è augurato una presenza numericamente inferiore di italiane nella nuova Champions, da lui paragonata alla Superlega - l’ha detto per una comprensibile urgenza di protezione degli interessi della Serie A e la simpatica provocazione è stata particolarmente gradita dal satrapo Ceferin -; da quel giorno, dicevo, i nostri club hanno fatto l’impossibile per accontentarlo. Anche per dimostrare, immagino, la ritrovata compattezza della confindustria del calcio (sigh).
Il primo a uscire è stato il quasi debuttante Bologna, incredibilmente seguito martedì da Milan e Atalanta.
Ieri sera in Olanda la Juve ha completato l’Italodisastro facendosi buttar fuori dal PSV. E così domani ai sorteggi presenteremo unicamente Javier Zanetti, Riccardo Ferri e forse Marotta: sempre che Oaktree autorizzi la spesa.
La Juve ha fatto quel che ha potuto: straordinario - oltre a Di Gregorio - solo il suo secondo tempo supplementare. In precedenza aveva subìto troppo, specie nella ripresa.
Pensierino inutilmente consolatorio: non ha raggiunto gli ottavi neppure il City di Guardiola che a gennaio ha speso altri 210 milioni (Marmoush, Khusanov e Nico Gonzalez) e per convincere Guardiola a restare gli aveva appena rinnovato il contratto a 30 milioni netti l’anno più super superbonus 110.
Di solito nel calcio i soldi danno la felicità, ma non sempre proteggono dall’infelicità.
Da oggi la corsa al quarto posto in campionato diventa un autentico inferno.
Si impone una riflessione sulla qualità (stagionale) dei nostri tecnici.