Prendere le misure, l’Inter era a Monaco per questo, per prendere le misure al Bayern e allo stadio che il 31 maggio ospiterà la finale di Champions. Il primo passo è fatto, vittoria in Baviera col primo gol del capitano e il secondo in contropiede. Era anche qui la differenza fra l’Inter e il Bayern: Lautaro Martinez ha segnato un gol splendido dentro una prestazione splendida, Kane ha avuto le occasioni migliori, una l’ha stampata sul palo, l’altra l’ha spedita lontano dalla porta.
Inter, partita totale
L’Inter ha fatto una grande partita totale: attacco, difesa, pressione, catenaccio, contropiede. Ha giocato da Inter, compatta, concreta, organizzata, sofferente quando il Bayern l’attaccava fin quasi nella sua area, ma mai remissiva, mai impaurita, se non nella parte finale. È stata capace di interpretare le dieci partite che si sono giocate nei 96 minuti in Baviera. Un’elasticità mentale e tattica tipica di questa squadra e del suo allenatore. Il Bayern ha tenuto palla, ha spinto fino all’ultimo istante, ma il muro nerazzurro ha retto. A un certo punto sembrava la riedizione di un Barcellona-Inter nell’anno del triplete, anche allora la resistenza dei nerazzurri fu fantastica. Non bisogna vergognarsi di proteggere la propria porta, è un’arte anche la difesa e l’Inter sa come si fa. Lo dice il suo presente, ma anche la sua storia. E quando il muro è andato giù, per la prima e unica volta in questa partita, la squadra di Inzaghi ha segnato ancora grazie al suo spirito. Voi tenete la palla, a noi basta il campo. Così, quando ha agguantato il pareggio, il Bayern ha pensato anche di ribaltare il risultato ed è stato un errore fatale, perché sono bastati cinque passaggi, iniziati da Sommer, per segnare il 2-1 col solito, immancabile inserimento di Frattesi.
Inter, triplete nel mirino
Nell’epoca del calcio tridimensionale, il Bayern ci aveva sorpreso in partenza. Siamo tornati indietro (se vale la partita di ieri sera) o forse siamo andati avanti (se ci saranno altre controprove più incoraggianti di questa): all’Arena bavarese si è rivista la marcatura a uomo, ma a uomo davvero, tantoché Kompany, dovendo rinunciare al talento di Musiala, in quella posizione non ha schierato Müller, un attaccante, ma Guerreiro, un terzino di nascita, proprio con l’intento preciso di seguire Calhanoglu come un’ombra. Forse nemmeno Inzaghi se l’aspettava e nei primi 25 minuti l’Inter ha rischiato. Poi, nel momento del bisogno, anche Kompany ha capito che il vecchio Müller, con le sue 744 partite nel Bayern, era più adatto per una sfida del genere. Nel primo tempo i tedeschi si sono fermati al palo di Kane (era un gol sbagliato, e poi da un bomber come lui, incredibile), da quel momento i campioni d’Italia hanno ripreso l’iniziativa e sono andati in vantaggio. I primi dieci minuti della ripresa ancora tutti interisti, poi è iniziato l’assedio all’area di Sommer, qualche pericolo certo, ma la difesa ha retto grazie a Bastoni, ad Acerbi, a Barella, a Carlos Augusto, entrato nelle azioni dei due gol. Parlavamo della differenza fra i due centravanti. Kane segna a raffica da quando è nato, Lautaro segna tanto, ma non quanto l’inglese, il problema è che Kane non è un trascinatore come l’argentino. Lavora molto per la squadra anche lui, è vero, ma Lautaro lo fa con una rabbia, una grinta e una determinazione che lo trasformano nel leader naturale dell’Inter, leader di fascia e di fatto. Già nel primo tempo avevamo contato tre suoi interventi difensivi e anche l’azione del suo gol era partita da lui a metà campo. Con un capitano così, con una squadra così, si può continuare la corsa alla tripletta.